Becca Torché Magnifica e celebre vetta rocciosa a forma di
piramide, alta 3016 metri, la Torché (N45 41.431 E7 47.154) è
situata nella bassa Ayas o nella Valle di Challand, lungo il confine con la Valle del Lys.
Insieme alla vicina Becca di Vlou (3032, immediatamente ad est)
costituisce il gruppo delle Dame di Challant, inserito a sua volta nel
"massiccio" che separa i valloni paralleli di Chasten e Dondeuil,
salendo dalla Becca Chalex, certo modesta se vista dalle altre vette!, passando
per la Torché e la Vlou (o Vluhuare), fino al monte Voghel (2925)
salito da Varasc.it il 15 agosto 2009, a
guardia dell'erto Colle
Chasten. Il Voghel è collegato al ritrovamento del
relitto, narrato nel volume d'inchiesta storica Operation
Pointblank. Bombardamenti alleati nel Nord-Ovest. Le due Dame
principali, Torché e Vlou, sono
visibili da grande distanza, perfino dalla pianura piemontese e dalle
zone del Canavese e del Vercellese. Formate in prevalenza da gneiss
minuti molto duri e compatti, ideali per l'arrampicata, questi monti
sono però piuttosto isolati ed ingiustamente ignorati dalle
pubblicazioni, se si eccettuano le più vecchie ed ormai superate;
scarseggia la segnaletica, i sentieri sono praticamente scomparsi,
perfino la cartografia lascia a desiderare. Tutto ciò, per chi ama
l'avventura e le zone meno frequentate, ingentilisce e nobilita
ulteriormente il profilo slanciato della Torché, il cui toponimo (noto dal
1300) sembra derivare da torcia, a causa della sua
bella colorazione al tramonto. E' scomparso il ghiacciaio alla base
del versante settentrionale della Torché, la quale resta assolutamente
impressionante se ammirata dalla vicina Becca
Mortens. Becca Torché. Le vicissitudini della storica croce di vetta La cresta superiore della Torché ha ospitato per lungo tempo una grande croce di legno rivestita in lamiera, portata fin qui molti anni or sono da alcuni valorosi giovani di Challand e benedetta da Don Mario Vacher (per informazioni, rivolgersi alla residenza Les Clochettes, Challand-Saint-Anselme). Tali giovani furono Renato Bagnod, Alfonso Perret, Giovanni Thiébat, Roberto Bourg, Marcello Péaquin, Stefano Thiébat. Viste le sue precarie condizioni, domenica 19 ottobre 2008 Varasc.it è tornato alla Torché per assicurarne la croce in vista dell'inverno. Sono stati utilizzati circa ventiquattro metri di fil di ferro zincato, creando due doppi tiranti per le braccia orizzontali (assicurati alle rocce del basamento) e per riunire i lembi della lamiera del corpo verticale, nonché del braccio occidentale, rovinata dal fulmine. Il tentativo si è rivelato vano nel lungo periodo: a metà ottobre 2012 membri di un gruppo CAI valdostano hanno gentilmente informato Varasc.it della caduta della vecchia croce di vetta della Becca Torché; il 19 ottobre, escursionisti di Issime hanno fornito immagini della medesima croce, di cui rimane solamente il troncone inferiore. Nell'agosto 2013 Varasc.it è tornato in vetta, questa volta dal Vallone di Chasten, per indagare sulle condizioni e sulla posizione della croce. Quanto scoperto nell'agosto 2013 è descritto in seguito; nel tardo settembre 2013, esponenti del CAI Verrès e l'amica Enrica Thiébat del noto hotel "Les Clochettes" hanno segnalato a Varasc.it che l'antica croce di vetta della Becca Torché è stata riparata e restaurata. Vai
alla Galleria fotografica - Vai a GPS Becca Torché. Informazioni sull'itinerario di salita meridionale La salita alla Becca Torché richiede circa
tre ore-tre ore e mezza dal Colle Dondeuil
(2338, N45 40.562 E7 47.167) a sua volta raggiungibile da Isollaz via
Fontaney (1423, N45 41.168 E7 44.141), Chalex (1780, N45 40.827 E7
45.620), Dondeuil (1817, N45 40.791 E7 46.120) mediante la carrabile
n.1 del comune di Challant - Saint- Victor (05.00 ore, E). Il
dislivello è di 2358 metri dai 658 di Isollaz, di 1593 da Fontaney,
di soli 678 dal Colle Dondeuil. Qui verrà proposta una variante alla
normale, che si svolge lungo la cresta sud: la difficoltà di questa
variante è valutabile in EE. Si tratta però di un percorso
rigorosamente riservato ai soli escursionisti molto allenati e capaci
di affrontare lunghi percorsi privi di segnaletica o supporto, di
usare sapientemente una carta, ben equipaggiati e responsabili. Il
terreno affrontato è prevalentemente erboso, con saltuarie pietraie;
particolare cautela deve essere usata in vetta, poiché (è bene
ricordarlo) essa si affaccia sulla spettacolare parete nord della
Torché,
350 metri di vuoto a filo di piombo sull'alpe Merendiù alta (2184),
nel vallone di Chasten. Occorre altresì scegliere una giornata
perfettamente limpida, per non incappare nel maltempo una volta in
quota, e portare molta acqua. Non si tratta assolutamente di una
salita adatta a bambini o persone non allenate. Becca Torché. Primo itinerario: salita dal Vallone di Dondeuil Molto manuali (l'ottimo e sempre valido Buscaini, Alpinismo e escursionismo in Val d'Ayas di G. Merlo, Val d'Ayas-Itinerari escursionistici di P. Bosio) suggeriscono la cresta sud che, dal valico del Dondeuil, sale linearmente fino alle rocce di vetta. Tuttavia questa cresta presenta una marcata interruzione, difficile a definirsi "intaglio"!, che ne rende impossibile la risalita, obbligando probabilmente a scendere sui pendii orientali. Ecco dunque il motivo della variante qui proposta, parimenti lineare ed intuitiva, che abbina vantaggiosamente una costante pendenza a terreni favorevoli alla progressione. La partenza avviene ai 2338 metri del Colle Dondeuil: osserviamo ad est e sotto di noi gli alpeggi che punteggiano il ridente ed aperto vallone di Scheity, soprastante Issime (953) ed attraversato dal torrente Valbona. Dal valico scende un sentiero ben evidente, marcato con molti segni gialli per una cronoscalata. Non è necessario scendere fino in fondo al vallone: basta procedere per pochi metri sul sentiero in discesa (circa 50) per poi voltare a sinistra, dove si vede una labile deviazione, sotto le rocce della cresta sud della Torché. Si rimontano alcuni massi interrati, camminando su erba, fino al poggio erboso immediatamente soprastante la piccola Alpe Betti, semplice casetta in pietra. Tenendo la cresta sud alla sinistra ed in parallelo si sale verso nord per prati, puntando la già visibile (a differenza della Torché) Vlou. Intorno
ai 2400 metri troviamo un sentiero ben visibile, con ometti e
saltuariamente un tubo nero per l'acqua. Qui scorgiamo per la prima volta la
rocciosa vetta della Torché, a sinistra, con la Vlou ancora davanti:
saliamo verso nordovest, sempre su erba, con alla nostra destra ed in basso
le baite dell'alpe Vlou Superiore (2363), tra le rocce. La traccia
sale quindi a sinistra su erba e facili roccette, puntando la cresta
S, fino ad arrivare -2460 metri, rilievo GPS -
al traverso dell'alpeggio, esattamente alla nostra destra. Ritroviamo
la traccia, più marcata, sempre sulla destra e sotto la cresta
meridionale, puntando un canalone di pietre. Intorno ai 2550 metri si
svolta decisamente a sinistra sotto ad una ampia bastionata rocciosa
declinante dalla cresta, salendo su un vecchio muretto a secco
-visibile dal basso- sul quale passa il sentiero: è importante
scorgerlo per tempo in modo da non mancare la svolta!, che avviene nel
punto in cui, su una roccetta, sono dipinte due labili frecce rosse.
Da qui incontreremo infatti altri segni del medesimo colore,
solitamente molto sbiaditi, ed ometti (per la cui manutenzione ci si
affida al buon cuore del viandante). Si sale con maggiore pendenza tra
massi grigi e licheni gialli, sempre sull'erba. A 2650 metri circa
puntiamo ancora la base della vetta, con alle spalle una magnifica
vista sul Corno del Lago e sul Monte
Crabun, oltre che
sulla piana piemontese attraversata dal nastro serpeggiante della
Dora. Vai
alla Galleria fotografica - Vai a GPS L'esile traccia, i segni rossi ancora più esili ed i vecchi ometti ci portano a risalire gli ultimi pendii erbosi fino a raggiungere la vera e propria cresta sud della Torché, a 2810 metri (N45 41.248 E7 47.177), su roccette che si superano in dieci minuti: segue un tratto erboso (2930 metri) seguito dalle rocce, più ampie, a guardia della vetta che appare esattamente sopra di noi, la croce un tempo ben visibile e scomparsa nel corso del 2012. Qui si affronta un breve passo di arrampicata, alto circa un metro e mezzo e ben fornito di appigli, montando sull'ampio basamento roccioso ai piedi ed a sinistra (ovest) della vetta, meno spaziosa: la croce che ci campeggiava era alta 3.50 metri, lignea e ricoperta di lamiera. Assicurata come premesso da Varasc.it nell'ottobre 2008 è caduta nel 2012; ciò che ne resta è stato fotografato da Varasc.it nell'agosto 2013. La croce è stata riparata e restaurata nel settembre 2013. La vetta offre buoni sedili in
roccia grigia, ma è opportuno stare lontani dall'orlo nord,
dove cade il ripidissimo pendio settentrionale: raccomandazione facile
da capire per chiunque abbia prima ammirato la Torché dalla
sottostante Becca Mortens (2735, N45
41.783 E7 46.523). Il quaderno di vetta è posto in una scatola
cilindrica di metallo, presente ancora nel 2013. La vista spazia dalla Dora e
dal Canavese, a sud, alle becche di Dondeuil e Mortens (ovest), alla
"triade" Punta Champlon
(2678, N45 43.512 E7 47.308), Soleron (2887) e Nery (3075) a nord, con più
oltre la catena del Rosa. E' bella anche la vista sul Monte
dell'Aquila, sulla Testa
Comagna (2099) e sul Monte
Zerbion. La discesa avviene per la medesima via, avendo
cura di non smarrire la traccia per tornare al Colle. Becca
Torché, primo itinerario. Tempistica Ecco i dati registrati nel corso della prima salita di Varasc.it alla Torché, venerdì 17 agosto 2007. Partiti alle ore 08.46 dall'alpe Dondeuil, abbiamo raggiunto il tramail (ultimo alpeggio) alle 09.08, il colle alle 09.30. Alle 10.05 eravamo all'alpe Betti, alle 10.47 all'esatto traverso dell'alpe Vlou Sup., a quota 2463. Alle 11.40 all'uscita sulla cresta, a quota 2810. In vetta alle 12.10, ripartendone alle 13.40 e rientrando al valico per le 15.20. Qui, breve nota negativa, ho avuto il dispiacere di dissotterrare ben quattro chili di rifiuti, vecchie e rugginose lattine di bevande, carne e quant'altro, portando il tutto a valle. Per le 15.45, ripartiti, siamo tornati al tramail ed alla strada alle 16.08, venti minuti più tardi all'alpeggio Dondeuil. Vai
alla Galleria fotografica - Vai a GPS Becca Torché. Salita da nord alla cresta nordoccidentale Nell'agosto 2013, al termine di un lungo programma di osservazione a distanza da altre cime, Varasc.it ha realizzato un progetto accarezzato da più anni: la salita da nord della Becca Torché, nella fattispecie dal tramail del Vallone di Chasten, dall'alpe Merendiù Alta o Merendioux Damon. La salita è stata realizzata tramite la disamina nei lunghi mesi invernali di quanto accennato dagli autori Buscaini, Saglio e Boffa; durante la discesa dal Monte Nery e dal Colle Chasten dell'estate 2012 sono state inoltre raccolte preziose indicazioni dall'anziano pastore dell'alpe Merendioux. Sono stati recensiti alcuni vecchi manuali e brochures, oltre all'antica cartografia inerente alla zona. Una seconda salita nell'agosto 2013, questa volta alla Becca Mortens, ha evidenziato una ulteriore e più semplice via di salita da Merendioux, più prospiciente alla Mortens ma utilizzabile anche per la salita alla Torché, ed è descritta nell'apposita sezione di Varasc.it. Malgrado le
basse nubi e la forte umidità presenti giovedì 15 agosto 2013, la
ricognizione è andata a buon fine e ha consentito di individuare ben
due possibili accessi alla cresta Torché-Becca
Mortens, oltre al punto corretto per il lungo traverso dalla
"spalla" occidentale della Becca Torché alle ultime rocce
della via normale di salita, posta come descritto lungo la cresta
meridionale. La risalita dal tramail ha consentito l'accesso ad
una zona assolutamente splendida ed intonsa, pressoché non frequentata
dall'uomo e ricca di fauna, in uno scenario naturale di valore
incommensurabile e di fortissime emozioni. Ha infine consentito di
individuare ed ipotizzare future vie di salita, oltre alla felice
soluzione di uno degli enigmi principali dell'intera ascensione:
ritrovare la croce di vetta della Torché, caduta e non più visibile
dal basso. Varasc.it precisa che la presente descrizione ha solamente
valore indicativo e bibliografico nei confronti di due cime stupende e
spesso dimenticate, quali le becche Torché e Becca
Mortens; a causa dell'assenza di segnaletica, dell'orografia
particolarmente selvaggia e rovinata del terreno, della cospicua
presenza di pietraie e sfasciumi, della forte pendenza e di singoli
passaggi molto esposti su nevai, cenge erbose, cenge sabbiose e placche
levigate, l'autore di Varasc.it non vuole consigliare a terzi la
percorrenza di questo itinerario potenzialmente pericoloso per persone e
cose. Offre una possibilità pratica per raggiungere la cresta NO (e la vetta) dal circo N. Questo passaggio può essere utile anche per la discesa, per tornare nel Vallone di Chasten, scriveva Gino Buscaini disegnando parte del tragitto nello Schizzo 48 ed attribuendo al percorso una difficoltà F. La salita ha inizio nella parte superiore del
Vallone di Chasten, vale a dire presso
l'alpe Merendioux Damon, purtroppo chiusa nell'agosto 2013: due basse
costruzioni principali affiancate da strutture minori, da uno struggente
dondolo artigianale e da ampi, fertili pascoli, il tutto a 2190 metri di
quota (altrove, 2180 e 2185) ed in posizione N45 42.138 E7 47.269.
L'alpe si raggiunge partendo dai 1041 metri di Tollegnaz,
con un dislivello di 826 metri dalla vetta della Torché e di 545 dalla Becca
Mortens, di 1149 da Tollegnaz; la salita
avviene su strada parzialmente lastricata fino al secondo ponte, in
legno e posto a 1425 metri (N45 42.845 E7 46.218), ove moderne paline
gialle indicano i sentieri 2 (Colle Chasten, 3.15 ore, E) e 2A per
l'alpe Merendioux, 2.20 ore, quota indicata in 2185 metri. Si prende il
sentiero 2A senza superare il ponte, salendo alla sua destra lungo il
Torrent Chasten e superando a poca distanza un guado protetto da un
moderno canapone blu (1420 metri). Come indicato nella sezione inerente
al Colle Chasten la salita procede con relativa facilità, indicata saltuariamente
da frecce gialle e lastre, anche se in alcune radure l'erba alta può
celare il sentiero, più evidente nel tratto boschivo inferiore; è
facile incontrare ungulati nobili e si notano le buche scavate dai
cinghiali, dunque è bene trattenere i cani al guinzaglio. A 1575 metri
si nota un bivio su palina lignea, che indica a destra il proseguimento
per l'alpe Bringuen-Soleil o Brenga Soleil (1652 metri), di proprietà
della famiglia Dufour: tale deviazione va evitata. Si può comunque
raggiungere l'alpe Merendioux in meno di due ore, conoscendo la zona e
non abbandonando mai il tracciato del 2A. Da Merendioux sussistono svariate possibilità di salita, come facilmente osservabile: la cresta tra la Becca Mortens e la Torché corre a destra ed a sud dell'alpe, ma non tutte le vie di salita sono fattibili, poiché alcune si rivelano successivamente bloccate da grandi bastionate rocciose a placche. Si sale a sinistra dell'alpe lungo un basso pendio erboso ricco di mirtilli e rododendri, deviando quindi verso destra (sud) al disopra dell'alpeggio: qui si apre un ampio pascolo paragonabile ad un autentico e segreto Eden, prati premessi dalle acque tranquille di un piccolo lago (2237 metri) in cui si specchiano le pareti nord delle becche Torché e Vlou. La zona è ricca di piccoli e profondi ruscelli dall'ottima acqua, il tappeto erboso nella bella stagione è verde smeraldo, soffice e punteggiato di eriofori e basse roccette chiare. Si punta indicativamente la Becca Torché risalendo l'ampio pianoro in libertà, accedendo quindi alle rocce di una vasta pietraia semicircolare che riprende la forma del più ampio e selvaggio circo nivale soprastante; a sinistra si intravedono la Punta di Soleron e parte del Monte Nery. La pietraia, ampia e generalmente stabile, presenta una evidente cresta centrale, meno rovinata e più accessibile. La si risale tra bassi cespugli di rododendro e sassi, circondati a destra e sinistra da ruscelli e cascatelle; a quota 2298 si raggiungono ampie rocce levigate e perennemente bagnate, rese nerastre dall'acqua. A 2311 metri si superano i rivoli traversando verso destra (sud) su erba, terriccio e sassi; segue ancora la pietraia che conduce, a 2400 metri, ai piedi dell'immenso nevaio ai piedi della Torché. Tale nevaio, un tempo perenne, varia ancora la propria estensione in base all'andamento delle stagioni ed all'avanzamento dell'estate; è sottoposto a scariche di sassi dall'alto e, malgrado consenta una vista imperdibile sulla grande parete, richiede cautela. L'ambiente è sin d'ora sensazionale, incontaminato e particolarmente ricco di camosci nell'estate 2013; a 2486 metri si imbocca un'altra cresta sottostante i nevai che circondano per intero la base delle pareti nord delle due becche, ancora su erba e bassissimi rododendri, puntando in direzione sudest. Osservando verso destra si nota un poderoso rilievo, simile ad un torrione naturale lievemente staccato dalla cresta nordoccidentale che declina dalla Torché; la sua base è composta da roccia scura e cenge erbose, rifugio per femmine e cuccioli di camosci. La base del torrione impone inoltre un netto limite al nevaio, che la circumnaviga; alla sua destra il terreno precipita in ripide placche. Salendo per pietraia e nevaio si punta alla sinistra del torrione, vale a dire tra il torrione stesso e la parete della Torché: la via è intuitiva e si presenta, avvicinandosi all'angolo del torrione, come un ripido corridoio sempre più ristretto verso l'alto. Ci si trova a circa 2570 metri e si sale ora su una ripida rampa di sfasciumi molto instabili, più erbosa e compatta sulla destra, ovvero contro il torrione stesso; il rischio di smuovere sassi su chi segue è concreto, la pendenza notevole. A 2700 metri si è finalmente sopra al torrione, che proprio come nel caso delle similari fortificazioni presenta una sommità piatta, protetta da merlature di rocce piane ed arricchita al centro da un piccolo spazio erboso; alle sue spalle, verso sud, pendii di pietraia dolcemente declinanti verso destra corrono alla volta della cresta Torché-Becca Mortens, ben visibile. Si punta un netto intaglio obliquo della cresta, le cui rocce cadono verticalmente indicando una parvenza di camino; più ampio alla base ed alto una ventina di metri, è prevalentemente sabbioso e cosparso di sfasciumi molto instabili, anche se non mancano protezioni di solida roccia. L'uscita sorge a 2724 metri ed in posizione N45 41.589 E7 46.829; lo si risale uno alla volta accedendo alle grandi, stabili rocce della cresta soprastante. Si è ora in asse con la Becca Mortens e si può ovviamente scegliere di scendere alla sua volta; per la Becca Torché, si volta a sinistra salendo verso est a poca distanza dal filo di cresta su ampie e stabili rocce di colore grigio, bordate da licheni e frammiste a piccole cenge erbose punteggiate da genzianelle ed altri fiori pionieri. A destra, in basso, si vedono la Becca Chalex ed il Valloncello di Trön; l'ambiente è particolarmente selvaggio, unico nel suo genere. Tra i 2850 ed i circa 2888 metri si è sulla "spalla" occidentale della Becca Torché, ove l'ampia cresta sassosa ha termine: qui la cresta della Torché si eleva, sottile ed affilata come un antico sperone, opponendo verso sud ampie placche lisce e chiare nella parte inferiore. La parete superiore, oltre ad una caratteristica fascia orizzontale rossastra, è più scura; le placche inferiori, quasi candide e prive di licheni, si traversano agevolmente verso oriente. Sussistono tuttavia alcuni problemi, oltre al pericolo di caduta di sassi dall'alto: le placche chiare sono sì in dolce pendenza ma anche aggettanti sul baratro sottostante e non vanno affrontate in presenza di ghiaccio o acqua, poiché una caduta sarebbe sicuramente fatale. Inoltre, malgrado esistano su queste placche almeno due cenge orizzontali sorprendentemente lineari, esse terminano nel vuoto dopo un centinaio di passi, ormai in vista della cresta meridionale della Torché. Nell'agosto 2013 sono state testate almeno tre
cenge, una delle quali (la superiore) corre ai piedi della fascia
rossastra della parete sud-sudovest della Torché; tutte, purtroppo,
sono separate dalla cresta meridionale da un profondo canale quasi
verticale a placche lisce. La via migliore consiste nel non
testare le placche e le cenge, scendendo al disotto delle ampie placche,
su erba e sassi; a 2880 metri si incontra uno sbilenco cartello bianco
del divieto di caccia, ormai illeggibile. Si scende e risale su una
pietraia caotica e profonda che, nel punto in cui lambisce le rocce
della cresta sud della Torché, ospita spesso lunghi nevai. Si punta
l'evidente intaglio di tale cresta, detto La finestra, ben
visibile; lo si raggiunge dopo un tratto particolarmente accidentato a
quota 2866 metri circa, nell'ampio avvallamento dell'intaglio o più in
alto sul suo fianco sinistro, su rocce grandi e generalmente stabili. Un
breve traverso verso oriente su tali rocce, ormai sulla cresta sud,
porta infine ad incontrare il comodo sentiero che sale dai piedi del
Colle Dondeuil o meglio
dal Vallone di San Grato. L'incontro con questo sentiero, segnalato da
labili frecce gialle, è avvenuto il 15 agosto 2013 a 2888 metri in
posizione N45 41.313 E7 47.153. Dopo quindici minuti è stata raggiunta
la vetta della Becca Torché, su erba e rocce, verificando anzitutto le
condizioni della "storica" croce sommitale: il braccio ligneo
verticale è stato spezzato di netto senza tracce di bruciatura
all'incirca all'altezza della fronte di chi scrive, pari a 187 cm dalle
rocce alla base. Tutto il tratto superiore della struttura (la parte
restante del braccio verticale ed il braccio orizzontale) è stato
trovato sulle rocce alle spalle della croce, a mezzo metro dal baratro a
nord; il filo di ferro zincato portato in cima in precedenza da
Varasc.it era ancora ben avvolto intorno al corpo della croce,
chiudendone la protezione in lamiera. Vista la precarietà della parte
superiore della croce, questa è stata incastrata tra le rocce della
base ed il braccio verticale ancora eretto, puntellandola con sassi e
roccette in modo da resistere al vento; se si osserva la vetta dal basso
si nota il solo "palo" del braccio verticale. Durante la discesa non siamo scesi alla finestra,
abbandonando la comoda cresta sud appena più in alto e trovando un
passaggio molto esposto che ha consentito di reinserirsi sulla cengia
inferiore delle grandi placche chiare, tornando più rapidamente alla
"spalla" occidentale della Torché. Scendendo la comoda ed
ampia cresta nordoccidentale della Torché verso la Becca
Mortens, si è deciso di ignorare l'intaglio di quota 2724 percorso
in salita all'andata: proseguendo in discesa per 62 metri in linea
d'aria verso la Becca Mortens si è raggiunto un secondo e più comodo
intaglio che sorge a 2702 metri di quota, in posizione N45 41.616 E7
46.808. Questo secondo intaglio nella cresta si è rivelato nettamente
migliore del precedente di quota 2704, essendo composto da gradini di
stabile roccia ed interstizi erbosi, senza sabbia e colate di sfasciumi.
Malgrado un paio di piccoli passaggi delicati e l'esposizione, pressoché
identica al primo intaglio, la discesa fino al tetto del grande torrione
si è rivelata più rapida e comoda. Dal torrione, vera nursery
per camosci, si scende nel ripido canale di sfasciumi tra questo ed
il fianco verticale della Becca Torché, come all'andata. La
progressione è rapida, vista anche la forte pendenza che consente di
perdere molti metri in pochi minuti; tediati tuttavia dalle continue
piccole frane e dal rischio di colpirci a vicenda smuovendo del
pietrame, abbiamo puntato lievemente ad est senza circumnavigare più la
base del grande torrione ed accedendo con sollievo a circa 2600 metri al
nevaio ai piedi della Torché. L'ottima resistenza della neve ed un
minimo di cautela hanno consentito di "sciare" agevolmente,
evitando lunghi tratti di pietraia e tornando infine alla pacifica zona
del laghetto. Becca Torché, via di
salita nord-nordoccidentale. Tempistica Partiti dall'alpe Merendioux alle ore 09.30 abbiamo raggiunto il primo intaglio alle 11.50, includendo un dispendioso e vano tentativo sul lato destro (ovest) del grande torrione, che come descritto precipita per un centinaio di metri. La vetta è stata raggiunta alle 13.20, includendo i vari tentativi sulle cenge che corrono lungo le placche chiare e la risalita lungo la cresta meridionale; abbiamo valutato che, al di là di questa escursione ricognitiva e volendo salire dal secondo intaglio di quota 2702 (più comodo ma più lontano dalla Torché, essendo quasi ai piedi della Mortens), accedendo inoltre ai nevai invece che alle pietraie, si possa salire da Merendioux alla Torché in circa tre ore, in luogo delle quattro occorse il 15 agosto 2013. Si è infine rilevato come svariati tratti del sentiero 2A siano poco visibili, specie nelle prime ore del giorno in forte controluce oppure tra le nuvole basse. La discesa è avvenuta in parte sul sentiero 2, ottimamente agibile fino agli alpeggi di Grun e Seuc che precedono il ponte ligneo di quota 1425. Vai alla Galleria fotografica - Vai a GPS Becca Torché. Storia, letteratura e leggende Il Canonico G. Carrel nel numero 12 del Bullettino del Club Alpino Italiano, 1° semestre 1868 pubblicò il pregevole articolo La Vallée de Valtornenche en 1867, descrivendo sommariamente le ancora ignote cime che (...) limitent l'horizon au sud-est. Je ne connais pas le nom de toutes ces cimes. Ce doivent être les monts Weis-Matten, Gréno, Tsamsec, Bessa-Torcé, L'Aigle, etc. Ces cimes sont très-élevées. J'en ignore l'altitude. Elles sont presque aussi hautes que les Alpes Graïes. La prima ascensione era tuttavia avvenuta nel 1831 ad opera del topografo capitano Cossato, seguito (2 agosto 1872) dal celebre Abbé Gorret e da Alessandro Martelli, che però non rinvennero tracce di passaggio umano. Nel gennaio 1915 avvenne la prima salita invernale, ad opera di Eugenio Ferreri. Il 26 agosto 1928 fu salita per la parete N da Amilcare Crétier, socio CAI Aosta, e Dino Charrey, preceduti nel 1925 dalla cordata Levi- Gatta (da Rivista Mensile dei CAI, novembre- dicembre 1926). Crétier descrisse così la sua salita: "(...) la parete, alta circa 350 metri, è costituita nei suoi primi 150 metri da grandi placche di gneiss, di assai forte pendenza ma rese praticabili da piccole fessure longitudinali; nell'ultimo tratto la roccia è quasi a picco, solcata solo da piccolissimi canali e camini quasi verticali" (da Rivista Mensile del CAI). Una antica leggenda riguarda un ammaliante tesoro sepolto da qualche parte sotto l'ormai scomparso ghiacciaio sul versante N della Torché, accessibile -come in molte simili favole, stranamente- soltanto nelle notti di Natale e del Venerdì Santo: pare che questa innocente leggenda sia stata la causa della morte di due giovani sposi di Challant, tali Gamba secondo gli Atti di morte della parrocchia, a fine '800, avventuratisi lassù e ritrovati soltanto alla primavera seguente da pastori del vallone di Chasten. Eugenio Fasana citò questa bella vetta ne "Il Monte Rosa. Vicende uomini e imprese", edito nel 1931: (...) Mi era stato detto: "Se lei salirà in cima alla Becca Torché non se ne troverà pentito, perchè potrà saziare la vista, la quale da lassù spazia fino alla chiostra del Rosa". L'autore, curiosamente, salì in vetta dal colle tra la Vlou e la Torché, aggiungendo (...) Poiché la Torché è bifida. La salita venne descritta
sin dal 1896 dagli autori Giovanni Bobba
e Luigi Vaccarone, per la cresta sud e con una riduttiva
tempistica: Dal Colle Dondeuil si attacca la
cresta verso nord e in meno di un'ora si arriva alla sommità,
composta di grandi blocchi di roccia che all'occorrenza possono
servire di comodo riparo per la notte. Venne fornita in modo molto
sbrigativo anche la via Pel versante sud-ovest, con risalita dai
casolari di Chavernasse e svolta a nord-est: (...) entrasi in un
vallone risalendo il quale guadagnasi la cima. Gli
autori diedero forse voce alla definizione successivamente ripresa da
Fasana, scrivendo
(...) la bifida Becca Torché, listata
di ghiaccio e neve. |