Punta
Champlon o Champlong
Ultima elevazione occidentale della poderosa costiera interna che parte dal monte Weiss Weib (2517), risale verso i 3075 del Mont Nery per poi declinare alla volta della Punta di Soleron, la Champlon è alta 2678 metri ed è posta tra il vallone di Frudiera (N), quello di Chasten (S) e, ad occidente, la valle di Challand. Nel 1928, l'abbé Louis Bonin la definì Pointe de Champs - Longs. Un aggiornamento risalente all'agosto 2009 ed alla salita alla Soleron è disponibile in calce alla pagina. Dal basso si presenta tuttavia non come una singola vetta, bensì –specialmente dai 1885 metri dell’Alpe Moulaz- come una poderosa convergenza di due grandi creste: quella NO che, dalla vetta, declina alla volta del passo della Forchetta (2207) e delle Cleve di Moulaz (2241), e quella SO sulla quale sorge la stessa Moulaz. L’ambiente è pressoché selvaggio e magnifico, assolutamente privo di segni di vita umana, nonché di segnaletica. La cartografia dedicata a questa zona è carente, l’unico –breve- riferimento testuale è disponibile grazie a Gino Buscaini. Non vi sono tratti esposti o particolari rischi nella salita: tuttavia, a causa della lunghezza del percorso, della forte pendenza affrontata, delle rocce nell’ultimo tratto, la Champlon deve essere riservata ai soli escursionisti molto allenati, molto responsabili e capaci di affrontare qualsiasi tipo di terreno, pendenza, carenza di segnaletica. Vista la presenza di vipere, non è opportuno portare cani; vista la lunghezza dell’itinerario, la pendenza etc., è impensabile portare bambini. In caso di maltempo, la salita dal versante occidentale deve essere abbandonata immediatamente; la si consiglia solo nel periodo estivo, in completa assenza di neve, ghiaccio, nevai residui. La salita richiede 1.45- 2.00 ore a Moulaz, 04.00- 04.40 alla vetta. Per la salita a questa vetta, si consiglia il manuale Le Vette della Val d'Ayas, utile per ricostruire "sul campo" l'esatta successione dei numerosi punti di riferimento. Un articolo di Marco Soggetto inerente alla Champlon ed alla Soleron è stato pubblicato sul numero 68 (1.2010) de Brich & Bòcc, il semestrale di informazione della sezione CAI di Biella edito nel mese di marzo 2010 (pp. 40-46). Vai alla Galleria fotografica - Vai a GPS Punta Champlon, salita per il versante occidentale La partenza avviene ai 1120 metri di Allesaz, ridente paese del comune di Challand-Saint-Anselme, portandoci ai 1885 metri dell’alpeggio di Moulaz e, da lì, ai 2678 della Champlon, con un dislivello totale di 1558 metri. Nel periodo estivo, l’alpe Moulaz offre ben due fontane per rifornirsi d’acqua; in autunno o nella prima primavera, l'acqua non è disponibile. Per quanto concerne la semplice e bella salita da Allesaz a Moulaz (765 metri di dislivello, 1.45 ore circa) rimandiamo all’apposita pagina di Varasc.it. Giunti all’alpe, prestiamo attenzione al lungo tronco scavato a guisa di fontana che si incontra all’inizio del paese, provenendo dal sentiero d’accesso che costeggia il prato: a destra delle prime baite scorgiamo la fontana, alimentata da un tubo di plastica nera. Sulla destra della fontana inizia un vecchio sentiero bordato di sassi, ormai invaso dall’erba, che ci conduce inizialmente tra gli alberi a poca distanza dalle baite; dopo una curva porta in pochi minuti alla parte superiore dell’alpeggio, sparendo nell’erba dello spiazzo antistante la cappelletta, non senza farci scorgere una antica freccia gialla su un sasso, ormai sbiadita. Alla nostra sinistra abbiamo il varco tra le malghe dal quale si prosegue verso le Cleve di Moulaz (2241), di fronte a noi, verso E, la cappella con la grata dipinta di blu: alla sua sinistra si apre un piccolo varco dal quale si accede ai prati retrostanti. Una seconda freccia indica appunto l’est, dove vediamo pendii verdeggianti che risalgono fino ai piedi dell’enorme cresta della Champlon, nella sua già citata biforcazione. Nel prato non vi sono più segni, ad eccezione – nel SOLO periodo estivo! - del tubo nero di plastica che porta l’acqua all’alpeggio. Si può seguire il tubo oppure, allo stesso modo, salire il prato al centro, puntando verso il limitare delle conifere: qui individuiamo innanzitutto un ampio ceppo grigio. Entrando nel bosco in questo punto scopriamo, pochi metri oltre (ma visibile solo all’ultimo) un invaso costituito da un serbatoio blu semi- interrato, circondato da una breve staccionata. A destra dell’invaso si trova un enorme (!) ceppo d’albero, ottimo segnavia. Il nostro tubo vi confluisce, mentre un tubo similare ne diparte a monte, nel bosco. Accanto all’invaso troviamo una chiara traccia che sale nel bosco con continue svolte, a tratti perdendosi ed a tratti facendosi estremamente marcata, con un fondo di aghi di pino e pietre (umide): è opportuno prestarle molta attenzione, in quanto alcune curve sono così radicali da non essere notate, finendo per smarrirla improvvisamente nel sottobosco. Una guida è offerta dai segni rossi ed orizzontali, tracciati sugli alberi dalla Guardia Forestale, che seguono la nostra via. Il bosco si restringe ad una cresta ricoperta di massi affogati nella vegetazione, tra gli alberi, di cui alcuni caduti: dopo pochi minuti la traccia scende alla nostra sinistra, passando sotto –prima di uscire dal bosco- un massiccio tronco caduto. A sinistra la vista spazia sulle Cleve, davanti a noi ecco l’ampio canalone che risale tutto il versante occidentale della Champlon, assottigliandosi più in alto in solchi sempre più sottili. Qui è invece ampio e grande come il “Pistone” di Champoluc ed il sentiero ci porta sul suo fianco destro, dove esiste un comodo ed ampio bordo libero dal pietrame, colmo di rododendri, mirtilli e ginepri. Distinguiamo vecchi segni rossi sulle rocce.; più in alto, molto evidente, la scritta 38 con una freccia rossa che indica verso destra, da ignorare. Si sale sul lato destro del canalone puntando una cascata molto visibile dal basso: raggiungendola notiamo che è incassata in un piccolo imbuto roccioso, alto qualche metro. La passiamo sulla sua destra, senza più vederla; alle nostre spalle, la Testa Comagna. Questi pochi metri sono sulle roccette, spesso umide, tra sassi instabili ed erba: notiamo tracce di una antica canalizzazione lignea, ormai marcescenti nel terreno. Si valica la cascata passandole dietro e sopra, tra gli spruzzi e l’erba bagnata (prestare attenzione!), accendendo al lato sinistro del grande canalone. Entriamo in un mondo alquanto semplice: pendii d’erba costantemente a 25°, nessun albero, poche e basse roccette. Nessuna traccia e nessun segnale. Lungo il pendio incontriamo dossi erbosi trasversali facili da valicare, ognuno di essi ci permette di scorgere meglio la cresta sommitale e, forse, la vetta. Superata una seconda forra –in realtà, lo stesso canalone sottostante, ma molto più ristretto- si accede ai pendii erbosi alla sua sinistra, sui 30°: voltandoci, notiamo che la Comagna è ora alla nostra sinistra. Ci troviamo a circa 2300 metri (rilievo GPS) e l’assenza di tracce rende piuttosto soggettiva la risalita di questa vasta zona. Puntiamo la sommità più alta della frastagliata e scura cresta sommitale, con pendenza costante; cambia invece il terreno, più sassoso e meno erboso, salvo qualche muschio e macchie d’erba. Qui possono sussistere nevai residui, da evitare o da attraversare con la massima cura. Vai alla Galleria fotografica - Vai a GPS La cresta
e la vetta A 2526 metri
individuiamo una vecchia e sbiadita freccia gialla, pressoché
invisibile a meno di trovarcisi sopra. Abbiamo davanti a noi circa
trenta metri in verticale di cresta rocciosa, a guardia della vetta:
il tratto più impegnativo. Si tratta di un ammasso di rocce grigie ed
abrasive, cosparse di licheni neri o verde brillante, che ricorda un
po’ la bastionata ai piedi del versante O del Corno
Vitello, per chi proviene dal lago
Perrin. Alcune di queste rocce sono instabili, il rischio di
muovere sassi è costante; tra le rocce maggiori sono incastrati pezzi
di ragguardevoli dimensioni, la cui tenuta va però debitamente
saggiata prima di affidavi il peso. Inutile raccomandare la chiusura
delle tasche e degli zaini, in questo punto. La vetta è ormai
visibile, un cumulo di massi identici a quelli che stiamo valicando
con attenzione, ma senza particolari difficoltà: lo scenario ricorda
ora l’accesso al Colle
Rothorn. Non vi è spazio libero per sedersi, solo
roccette; la croce, di metallo, ha le braccia orizzontali curiosamente
sovrapposte. Non vi sono libri di vetta o anfratti per nasconderli. Il
panorama è tuttavia spettacolare, poiché da questo trono degli déi
scorgiamo finalmente tutto: l’intera rampa del versante
occidentale che ci ha costretti tante volte ad allungare il collo, la
poderosa cresta NO che sembra saltare nel vuoto a poca distanza,
inabissandosi sopra il vallone di Frudiera; la cresta SO e,
lontanissima ai suoi piedi, Moulaz con
il suo minuscolo prato. Entrambe le creste sono spolverate di rocce
grigie solo per qualche decina di metri, prima di diventare erbose.
Alle nostre spalle, verso E, finalmente!, la dorsale nascosta verso i
2887 metri della Soleron, con un profondo salto roccioso e la
successiva risalita; a S una bella panoramica sul vallone di Chasten
–ma su questa vetta ci si deve muovere con molta attenzione, per cui
scorgiamo il Voghel (2925), la Becca di Vlou (3032), la Torché (3016,
ma sembra la maggiore). In discesa, con la massima attenzione, si
valicano le stesse roccette in direzione delle vecchie frecce gialle
che indicavano l’accesso alla vetta di un vecchio sentiero; anche
qui la discrezione dell’escursionista è massima, tenendo presente
la prudenza nel muoversi senza spostare pietrame. Nel nostro caso si
è effettuato un breve traverso alla volta della cresta NO, per poi
tornare all’incirca sull’itinerario di andata, nel mezzo del
versante occidentale. La discesa è
lunga ed ovviamente ripida, con oceani d’erba pettinata all’ingiù:
qui un bastone o due sono decisamente utili. Si ritorna alla cascata
dell’andata, prestando attenzione a ripercorrerne il passo con le
vecchie tracce di canalizzazione e NON il salto della cascatella!, le
cui rocce sono scivolose. Una breve discesa sulla traccia ritrovata ci
riporta infine alla pietraia sul bordo del canalone, ora ampio, ed al
bosco stesso, dopo il “cancello” dell’albero caduto. Torniamo
all’invaso, al prato, all’alpeggio. La via per Allesaz è ancora
lunga!, ma basta voltarci (senza scorgere più la vetta) per
apprezzare appieno la Champlon. Tempistica Ecco i dati
registrati nel corso della prima salita di Varasc.it alla Punta
Champlon, domenica 10 giugno 2007. Partiti alle 10.02 da Allesaz
abbiamo raggiunto alle 11.34 il crotin sulla sinistra del
sentiero per Moulaz, alle 10.45 il muro diroccato. Alle 11.00 il primo
rudere, alle 11.10 il secondo, cinque minuti più tardi Moulaz.
Rinfrescati, abbiamo lasciato la cappella risalendo il prato fino
all’invaso, raggiunto alle 11.50. Alle 12.26 eravamo all’albero
caduto che porta al canalone occidentale; alle 12.55 guadavamo la
cascatella. Alle 13.50 eravamo a quota 2468, sotto la vetta; alle
14.00 alla vecchia freccia gialla, venticinque minuti dopo, in vetta.
Ripartiti nel maltempo alle 14.45 ci siamo fermati più in basso,
superata la fascia rocciosa sommitale, per il pranzo (2576). Ripartiti
nel sole alle 15.38 abbiamo ritrovato la cascatella alle 16.20, senza
difficoltà, alle 17.00 il bosco. Venti minuti dopo eravamo
all’invaso, alle 17.30 a Moulaz; ripartiti alle 17.53, siamo tornati
ad Allesaz alle 18.50. Vai alla Galleria fotografica - Vai a GPS Aggiornamento di martedì 18 agosto 2009 Varasc.it è tornato in vetta alla Punta Champlon,
verificando la perfetta attinenza e l'aggiornamento delle informazioni
riportate nel manuale Le
Vette della Val d'Ayas, lunedì 17 agosto 2009.
Partiti alle 07.05 da Allesaz, abbiamo raggiunto l'Alpe
Moulaz alle 08.10, fermandoci con piacere per colazione su invito
di una cortesissima residente, signora Piera. Rifocillati e ripartiti
alle 09.20 abbiamo risalito integralmente il percorso indicato nel
manuale, con particolare cura, per verificarne le condizioni estive
2009. Per le 11.20 eravamo nuovamente in vetta alla bellissima
Champlon o Champlong (mai toponimo fu parimenti accurato) dopo aver
individuato tutte le vecchie frecce gialle che, poco visibili,
ne risalgono l'ampio pendio occidentale. E' stata rinvenuta una
vecchia croce lignea tra le rocce sottostanti la vetta. L'escursione
è quindi proseguita alla volta della Punta
di Soleron, in un ambiente d'alta montagna semplicemente
accattivante e selvaggiamente attraente.
|
Questa pagina è rispettosamente dedicata alla signora Piera, ringraziandola per l'amicizia e l'ospitalità nel paradiso terrestre dell'alpe Moulaz
Torna ad Alpe Moulaz