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Rifiuti e montagna. Osservazioni sulla Val d'Ayas

 

Lunghi anni di frequentazione della montagna in ogni stagione, lungo i percorsi più canonici e le vie meno conosciute, hanno permesso e favorito la progressiva realizzazione di più analisi ed approfondimenti da parte di Varasc.it. Nell'ambito di un "osservatorio" relativo alla Val d'Ayas, sono stati dunque proposti lavori relativi alla storia ed all'archeologia locale, alla toponomastica ed alla bibliografia di Ayas, all'antica pubblicistica destinata al primo turismo, e così via. 

La presente sezione, creata nell'estate 2012 e purtroppo basata su osservazioni ventennali, concerne invece un argomento meno affascinante e tuttavia onnipresente: la presenza di rifiuti, intesi come oggetti o sostanze di provenienza antropica e del tutto estranee all'ecosistema alpino. Scopo di questa sezione è monitorare i rifiuti presenti sui sentieri ed in montagna, sia nell'ambito di una veduta d'insieme sia con specifici riferimenti a zone e sentieri, in modo da avvertire il pubblico e le autorità competenti di un problema sensibilmente grave e di lungo periodo. Si vuole inoltre sensibilizzare il lettore, attraverso dati semplici e facilmente verificabili, in merito all'assoluta necessità di non abbandonare rifiuti al di fuori dei luoghi preposti alla loro raccolta e smaltimento.

Si invita, in caso di particolari ritrovamenti, a segnalare ulteriori ritrovamenti a Varasc.it. 

 

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I rifiuti in montagna

 

Malgrado l'assenza di opere divulgative inerenti alla presenza dei rifiuti nelle terre alte, lo scibile scientifico inerente ai concetti di remediation, bioremediation, phytoremediation, waste recovery etc. è abbondante e nutrito. L'impressione di chi scrive, basata come premesso su osservazioni e continue attività di pulizia e raccolta ormai estese nell'arco di un ventennio, è brevemente riassumibile in poche asserzioni relative alle valli di Ayas, Lys, Valtournanche e Champorcher.

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1. In passato, in un ambito temporale genericamente esteso fino ai primi anni Novanta, la maggior parte dei rifiuti era costituita da metallo e vetro. Tali residui, tuttora presenti in gran copia in più località alpine della Val d'Ayas e di valli limitrofe, venivano abbandonati all'interno di crepe o pieghe del terreno o delle rocce: non sussisteva un sentimento di responsabilità condivisa sufficiente ad impedirne o a sanzionarne socialmente l'abbandono nell'ambiente, tuttavia si cercava curiosamente di "nascondere" generazioni di rottami e detriti all'occhio del viandante. Ciò delineava, oltre all'assenza di una coscienza ecologica propriamente detta, una prospettiva decisamente antropocentrica, poiché lattine o batterie nascoste all'interno del terreno o sotto una roccia possono risultare invisibili al passante, inquinando tuttavia l'ecosistema e minandone la fauna e la flora. 

2. Più recentemente, dai tardi anni Novanta ad oggi, il rilascio di materiali ferrosi o vetrosi è progressivamente diminuito fino quasi a scomparire. Ciò è dovuto al mutamento del materiale utilizzato per l'imballaggio dei cibi, oltre che sicuramente per l'emergere di una forte coscienza ambientale e di un sentimento di riprovazione sociale per chi viene colto nell'atto di gettare rifiuti in prati, torrenti o laghi. 

3. Manca tuttavia un'opera sistematica di raccolta dei rifiuti residui, specie nelle alte quote, e di sensibilizzazione contro il loro rilascio. 

Tali considerazioni possono delineare dunque un quadro attuale: 

1. Si ritrovano ancora grandi quantitativi di rifiuti "di vecchio stampo", quali lattine metalliche, tappi di bottiglia, anelli di lattine, bottiglie e frammenti di vetro. La loro collocazione è immancabilmente recondita, perlopiù in luoghi di pausa e sosta, quali vette e sponde dei laghi. Particolarmente inquinate in tal senso sono la cima della Testa Grigia e la zona del Bivacco Ulrich Lateltin, ove Varasc.it da anni raccoglie chili e chili di lattine; la zona sommitale del Grand Tournalin prossima all'antico bivacco Carrel; i paraggi della vetta del Monte Zerbion; il dimenticato Colletto del Camoscio, tra la Punta Ruines ed il Corno Bussola; il Colle Palasina ed i paraggi del Rifugio Mezzalama. Molte sponde di laghi ayassini sono purtroppo ricche di simili residui: fra tutti spiccano il Lago Ciarcerio, i Laghi di Resy e delle Cime Bianche, il Lago Perrin. Sono stati osservati e solo il parte raccolti innumerevoli rifiuti di ogni epoca (!) nelle acque del maggiore dei Laghi Pinter, del Ciarcerio, del Lago della Battaglia.

Il terreno trattiene per anni e rilascia, con i progressivi disgeli, i frammenti metallici ormai corrosi; zone particolarmente inclinate e rocciose possono disperdere su ampie aree i rifiuti, saltuariamente trovati dall'escursionista. Ciò è capitato a chi scrive ai piedi del Colle Nord di Testa Grigia, salendo ai Rothorn, nella zona sottostante al rifugio Quintino Sella, lungo il tratto sottostante la vetta del Corno Vitello, tra il Colle Croce ed il Lac Vert, al Colle di Mascognaz; è particolarmente difficile e pericoloso raccogliere in simili frangenti i vari rifiuti, oltretutto taglienti e spesso ossidati. 

2. In epoca recente, i rifiuti "moderni" abbondano quasi esclusivamente sulle direttrici più gettonate ed alle quote inferiori. Volendo generalizzare, si delinea una netta cesura tra il senso di responsabilità di chi frequenta l'alta montagna (genericamente parlando, alpinisti, trekkers esperti) ed il turista occasionale, poco uso all'ambiente alpino, che frequenta rifugi e località di bassa e media quota, stazioni di arrivo delle funivie, punti panoramici, etc. Il lato positivo di tale circostanza, malgrado l'invasività e la nocività del rilascio di qualsiasi genere di rifiuto, riguarda la quasi totale delimitazione a sentieri battuti ed a vette facilmente accessibili. In Ayas, sono particolarmente colpiti i percorsi più frequentati, quali il sentiero Barmasc-Colle Portola-Monte Zerbion (ma non il contiguo percorso per il Tantané), il sentiero per Resy e per il Palon di Resy, il sentiero che dal Pian di Verra conduce al Lago Blu. Altre zone colpite sono il pianoro dell'Alpe Métsan, il pianoro dei Laghi Pinter, la poderale che dal Crest conduce a Soussun, il percorso per il Rifugio Arp, il Colle Ranzola. Vi è infine un notevole concentrato di detriti di plastica dura, provenienti dai bastoni segnapista o dalle protezioni di bordo pista, lungo i tracciati sciistici invernali. 

3. I rifiuti attualmente reperibili lungo i sentieri più percorsi si possono ripartire in poche tipologie: oggetti di carta plastificata o di plastica da imballaggio, come carte di caramelle o involucri di integratori energetici, pacchetti di fazzoletti, etc. Prodotti per alimentari, quali cannucce in plastica dura per succhi di frutta o lattine. Prodotti per l'igiene, quali stickers in plastica per labbra o contenitori di creme solari, assorbenti, fazzoletti di carta. In un caso, segnalato alle autorità, si sono individuati bidoni di grandi dimensioni contrassegnati Quake Chemicals e direttamente riconducibili a pericolosi combustibili.

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I principali rifiuti abbandonati in montagna. Caratteristiche e biodegradazione 

Intendendo per "biodegradazione" la capacità dei microorganismi di attaccare e progressivamente eliminare i detriti, ed a prescindere dalle differenti durate spesso suggerite su Internet, è possibile realizzare un breve sunto dei residui incontrati lungo i sentieri della Val d'Ayas. La pericolosità di tali rifiuti è molteplice, andando oltre il semplice ed immediato inquinamento della terra, della flora o dell'acqua circostanti. Frammenti minuti possono essere ingeriti da animali, specialmente se abbandonati tra l'erba dei pascoli, causando gravi danni all'apparato digerente degli erbivori e dei pesci; parti taglienti in vetro o ferro arrugginito rappresentano una minaccia per animali o persone.

L'elenco, non potendo valutare l'ammontare dei vari rifiuti se non in modo empirico, è in ordine alfabetico. 

1. Alluminio. Si tratta di un materiale leggero ed estremamente robusto, un tempo utilizzato per ogni genere di imballaggio e per contenitori di alimentari, quali lattine di bibite o di alimenti in scatola; il suo costo di estrazione ha spinto i produttori moderni verso altri materiali. L'alluminio resiste perfettamente all'ossidazione, richiedendo circa un secolo per la biodegradazione; alcune leghe antiche, quali il duralluminio (ad esempio ricorrente dei reperti del relitto delle Dame di Challand) hanno dimostrato un'estrema resistenza agli agenti atmosferici, a frane e valanghe.

2. Carta. I fazzoletti di carta richiedono un tempo di biodegradazione stimato tra i tre ed i sei mesi; al contempo, la biodegradazione di un giornale richiede fino ad un anno, mentre l'involucro di carta e cartone di un pacchetto di sigarette richiede a sua volta un anno per decomporsi. Se ne escludono ovviamente le parti in pellicola d'alluminio e l'involucro esterno in plastica.

3. Frutta. Buccia, semi, torsoli di frutta richiedono mediamente da novanta giorni a sei mesi per biodegradarsi. Possono inoltre attrarre facilmente gli animali selvatici, rappresentando un pericolo per la fauna non abituata a prodotti esotici.

4. Gomma da masticare. A prescindere dal fatto di essere un materiale naturale, la gomma da masticare non è facilmente attaccabile dai microorganismi, richiedendo pertanto almeno cinque anni per la biodegradazione.

5. Plastica. Forse la categoria più ampia e pervasiva, sicuramente una delle più resistenti alla decomposizione: pressoché non biodegradabile, la plastica deve essere riciclata o stoccata in apposite discariche, poiché perfino la sua combustione può diffondere diossina. Ne esistono innumerevoli tipologie, riconoscibili da marchi quali PS, PE, PP, LDPE, HDPE, PVC ed altri ancora. Il più diffuso in montagna, poiché impiegato per i contenitori di cibi e bevande, è tuttavia il PET, polyethylene terephthalate o polietilene tereftalato: composto da idrogeno, carbonio ed ossigeno ha ormai soppiantato il vetro un tempo usato per contenere acqua e bibite. Infrangibile e resistente, il PET ha una durata solamente stimata: si calcola che la sua biodegradazione possa richiedere fino ad un millennio. Altri tipi di plastica, quali PVC e PET, richiedono parimenti da alcuni secoli ad un millennio per decomporsi; sono impiegate ad esempio negli accendini usa e getta. Lo stesso enorme periodo di tempo è richiesto anche per la biodegradazione del PE o polietilene, usato ad esempio per le comuni stoviglie e posate usa e getta da campeggio.

6. Sigarette. Malgrado le ridotte dimensioni, i mozziconi sono costituiti da svariati materiali, tra cui carta e pasta di legno, acetato di cellulosa, tabacco, adesivi, carbone attivo per il filtro; un insieme che richiede perlomeno due anni per essere degradato dall'ambiente.

7. Vetro. Presente vicino a bivacchi e rifugi, oltre che sulle principali vette, il vetro è un materiale inerte e molto resistente, insensibile agli agenti di degradazione ambientale. Mentre frammenti e manufatti di vetro sono pervenuti a noi dalla remota antichità, si stima che le bottiglie d'epoca contemporanea e moderna possono richiedere tempi di degradazione superiori al millennio. 

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Conclusioni. I rischi della rimozione 

Malgrado appartenenti alle più disparate tipologie, i rifiuti possiedono dunque un comun denominatore: inquinano l'ambiente alpino, al quale non appartengono e che, a causa delle condizioni spesso estreme di quota, temperatura ed esposizione, è già povero di risorse e sovente esposto ad una eccessiva antropizzazione.

Pur volendo incentivare gli appassionati di montagna a pulire quanto lasciato da altri viandanti meno educati e civili, occorre ricordare a tutti che la raccolta di rifiuti può costituire un pericolo. Frammenti vetrosi o ossidati richiedono l'adozione di guanti e la custodia in sacchetti resistenti, mentre particolari punti di raccolta possono rivelarsi esposti a scariche di sassi, giacendo in luoghi franosi o scarsamente accessibili. Le cavità della roccia, in cui per decenni sono state stolidamente stoccate tonnellate di lattine, sono spesso scelte come dimora dalla fauna minore, tra cui le vipere. Alcuni particolari rifiuti, quali batterie o fusti sospetti, possono contenere ancora residui acidi o tossici; altri ancora, quali i preservativi usati, possono rappresentare un rischio biologico, esponendo ad infezioni.

Se la pulizia di una zona rovinata dal passaggio altrui è dunque doverosa ed encomiabile, la prudenza è sempre d'obbligo. 

Varasc.it ringrazia la dottoressa Benedetta Palazzo della Fondazione Eni Enrico Mattei (progetto Eniscuola) per l'assistenza e la cortese collaborazione. 

 

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