Traversata del Monte Castore
Già
sperimentata da Varasc.it nel 2010, la
traversata del Monte Castore rappresenta per molti appassionati di
montagna ed alpinismo un autentico gioiello, un prezioso regalo da
attendere e gustare con cura. A prescindere dalle passioni umane, la
montagna è assolutamente deliziosa, conformata in base a due
caratteristiche uniche e squisitamente dicotomiche: una cresta lunga e
sinuosa che diparte dal Colle di Felik lungo la via normale sudorientale,
ed una impressionante, piramidale parete occidentale di neve e ghiaccio
che cade sul Colle di Verra o Zwillingsjoch.
Questo ampio ed alto scivolo candido, attraversato orizzontalmente dalla
crepacciata terminale e sovrastato dalla linea affilata della cresta
sommitale, non domina il solo valico: si impone allo sguardo dal rifugio
Ottorino
Mezzalama e dalle rocce di Lambronecca,
dalla grande rampa del Ghiacciaio
di Verra che sale ai piedi della via meridionale del Monte
Polluce. I dati prettamente alpinistici, storici e cartografici inerenti alla parete occidentale del Castore sono stati già trattati da Varasc.it nell'apposita pagina, realizzata in occasione della salita del 2010: si raccomanda pertanto di ricorrere a tale sezione per una corretta e completa pianificazione dell'ascensione, così come ai dati ed alle immagini registrate negli anni 2004, 2007, 2008, 2010, 2011 e naturalmente nel 2013. Volendo tuttavia affinare costantemente l'osservatorio virtualmente dedicato a questa splendida montagna, il sito offre una nuova descrizione della salita realizzata tra il 13 ed il 14 luglio 2013 con un dislivello di 2532 metri dai 1689 di Saint Jacques e di 1212 dal rifugio Mezzalama, di 827 dal soprastante rifugio Guide d'Ayas al Lambronecca. Vai alla Galleria fotografica - Vai a GPS La salita è
stata prettamente dedicata alla fotografia, con il trasporto in quota
dell'apposita attrezzatura e la successiva pubblicazione di alcune
immagini selezionate anche nell'account di Varasc.it
sul sito 500px.com. Era
stata tuttavia rinviata in occasione del primo fine settimana di
luglio, minacciato dall'instabilità e soprattutto dal rischio di
temporali, particolarmente funesto per qualsiasi progetto di ascensione
in quota. La bella escursione è stata condivisa da Varasc.it con
l'amico fotografo torinese Giorgio
Debernardi, al quale è doverosamente dedicato questo resoconto. Partiti
alle ore 10.20 da Saint Jacques sabato 13 luglio, abbiamo seguito il
sentiero numero 7 alla volta del Lago Blu,
constatando come anche nel nuovo anno le paline della segnaletica
risultassero invertite tra l'inizio del Pian
di Verra Inferiore ed il bivio stradale ai piedi del lago:
qui infatti la palina indica il rifugio Mezzalama
a quattro ore di distanza, contrariamente a quanto stimato poche
centinaia di passi più a valle. Il rifugio è
stato raggiunto alle ore 13.50, con svariate soste fotografiche. Le nubi
pomeridiane hanno lasciato spazio ad una sera stellata, gratificata
dall'ottima cena come sempre offerta da Luca e Simona, i gestori: una
ricca pasta seguita da arrosto con crema di panna e funghi, fagiolini e
dessert di panna cotta. Nella notte, silenziosi lampi in distanza hanno
segnalato un violento temporale nella bassa Valle del Lys,
approssimativamente tra Lillianes e Fontainemore; gli ultimi lampi
perduravano ancora le 04.00. La
nostra sveglia, dopo una notte insonne a causa del sovraffollamento e
del rumore nell'antico stanzone superiore del rifugio, è arrivata alle
03.15. Dopo una robusta colazione ed il controllo dell'attrezzatura,
siamo partiti nel buio esterno alle ore 04.05, risalendo le rocce fino
al bordo del Ghiacciaio
di Verra, la cui rampa orientale si è rivelata in
ottime condizioni; per le 05.10, malgrado l'oscurità iniziale, eravamo
al rifugio Guide della Val d'Ayas, preceduto da una nuova scalinata
metallica. Ripartiti
alle 05.35 dopo una pausa dedicata all'attrezzatura, ora legati in
cordata, abbiamo risalito l'ampia rampa glaciale tra le prime cordate
partite dal Lambronecca. Nessun crepaccio, seppure in quel tratto sempre
martoriato e complesso nel mese di agosto, era aperto; la maggior parte
delle cordate ha piegato a nord e sinistra, puntando il Polluce
e e la Roccia Nera. Al primo
ampio dosso nevoso ai piedi dell'immensa parete occidentale del Castore,
in ombra ma già privi delle torce frontali, abbiamo sostato brevemente:
qualche barretta ed un primo, instabile video
girato nella calma di vento concessa dall'immenso ostacolo soprastante.
La neve appariva ottimamente rigelata durante la notte, priva di aree
dal colore e dalla consistenza differenti, uniformemente dura e
resistente: un privilegio che ci ha concesso di salire senza quasi
faticare. E' quindi iniziata la parte più complicata e delicata della
lunga salita, che ha visto anzitutto un'ampia traccia obliqua verso sud,
seguita da alcuni zig-zag più ridotti e ripidi, le cordate ben
distanziate sull'enorme pendio. Superata
a debita distanza la crepaccia terminale, che nel 2010 aveva richiesto
un attraversamento ben più diretto, abbiamo potuto sostare in un lieve
avvallamento a circa 200 metri dalla cima: in alto si abbassava la lunga
forcella candida sospesa tra l'anticima nordoccidentale del Castore, del
tutto rocciosa, e la vetta vera e propria a 4221 metri. Qui
la traccia diventava tripartita, una sorta di ψ
con tre rami superiori. A sinistra e verso nord, la traccia piegava
verso le scure rocce della citata anticima Nord Ovest; al centro, ripida
e diretta, tagliava il solco dell'ultimo crepaccio puntando veloce verso
la metà della forcella, incorniciata dai colori dell'alba. A destra, più
lunga ed evidente, saliva su neve verso la vetta; ed è stata questa
l'alternativa prescelta dalla nostra cordata, anche se proprio in questo
tratto nel 2010 avevo incontrato una pericolosa e sgradevole fascia di
ghiaccio vivo e durissimo. Dopo un breve tratto, la nostra via si è improvvisamente impennata in verticale, dando l'impressione, grazie alla parete inclinata sui 50-55°, di salire su una scaletta a pioli. Le condizioni pressoché eccellenti dell'intera parete occidentale, unite alla perfetta tenuta dei ramponi, hanno reso il lungo tratto insolitamente veloce; seguendo la regola dei tre arti, che impone di non sollevare dal terreno mai più di un punto d'appoggio alla volta, abbiamo rapidamente risalito il tratto più verticale dell'intera escursione. La pendenza era tale che, infilando in verticale la piccozza nella neve al proprio fianco, anche metà della becca entrava nel pendio, fin quasi al guanto. Alle ore 08.20, accolti da un vento furioso dopo la bonaccia protettiva della parete occidentale, siamo tornati in vetta al Castore: per me, l'ennesimo ritorno su questa amata montagna. Ancora una volta abbiamo deciso istintivamente di scendere sulle comode roccette immediatamente sottostanti la cima, sul lato sud; da sudest arrivavano le prime cordate provenienti dal rifugio Quintino Sella, perlopiù gruppi italiani del Club Alpino con istruttori ed allievi. Nel frattempo, sono stati girati un primo ed un secondo video della salita. Vai alla Galleria fotografica - Vai a GPS Dalla
nostra posizione privilegiata abbiamo potuto ammirare e fotografare con
comodo l'intero panorama, soffermandoci sui dettagli dei lontani
Mishabel e delle vette elvetiche così come della Punta
Perazzi, incorniciata di nubi; la piccola statua di Don Bosco posta
in vetta alcuni anni fa è invece risultata sepolta dalla neve. L'intera
esperienza, benedetta dalle condizioni mai sperimentate della parete
occidentale, ci ha lasciati sinceramente stupidi e compiaciuti per la
perfezione della linea di salita e, personalmente, per il ridotto sforzo
fisico consentito dalla resistenza della neve. Ripartiti a malincuore alle 09.13, dopo infinite soste fotografiche abbiamo guadagnato il Colle di Felik ed infine il rifugio Quintino Sella, alle ore 11.10. Ripartiti alle 12.15, abbiamo inaspettatamente trovato la cresta attrezzata ed i pendii sottostanti, fino alla rampa soprastante gli impianti della Bettaforca, completamente innevati: un innevamento del tutto primaverile, inatteso e gradito nella parte superiore del sentiero. Non così all'altezza dell'antica Capannina del Mulo, dove la neve celava una miriade di buchi e fratture insidiose. Alle 14.25 abbiamo infine raggiunto il Colle della Bettaforca, al termine di un percorso di 19.80 km esteso nell'arco di due giorni e di ben tre rifugi: un'esperienza già vissuta e tuttavia assolutamente unica, splendida e destinata a rimanere sempre nei nostri ricordi. Un forte monito ad affrontare questa vetta superba nel periodo più appropriato, in modo da sfruttarne le condizioni migliori.
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