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Ritorno al Castore, 2008

 

Il 10 agosto 2008, Varasc.it è tornato in vetta al monte Castore, ripetendo nuovamente la bellissima via che dal rifugio Quintino Sella al Felik risale la sinuosa cresta sudorientale. La salita è avvenuta domenica 10 agosto 2008, potendo contare finalmente su tempo perfetto ed ottima visibilità, assenza di vento, cresta ampia e traccia battuta: una perfetta e bellissima escursione d’alta quota.

Ulteriori salite al Castore, relative agli anni 2004, 2007, 2010, 2011, 2013 sono disponibili nel sito.

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La nostra salita ha visto impegnate cinque persone, suddivise in due cordate: il sottoscritto, Selena e Federico nella prima, Davide “Montanaro” e Manuela nella seconda. La partenza dal rifugio Sella, nella cui stanza numero 10 avevamo pernottato, è avvenuta relativamente tardi, alle ore 06.57; per le 09.30, saliti con passo calmo e qualche sosta fotografica incoraggiata dall’assoluta assenza di vento, eravamo tutti in vetta. Una salita ineccepibile, che mi ha visto come primo di cordata, nonché unico componente della nostra spedizione ad aver già salito questa bellissima Signora: nella salita al Castore nel 2004 , una volta e mezza nell’anno 2007, ed infine nel 2008. Abbiamo incontrato molte cordate, tra cui una composta da due preparatissimi genitori e da un bambino molto coraggioso e fortunato, al quale ho augurato ed auguro tuttora di saper sfruttare la preziosa competenza e passione della sua famiglia per “crescere in montagna”, come è capitato al sottoscritto. In vetta, un tranquillo affollamento, stranamente scevro da schiamazzi o goliardate da caserma, solo chiacchiere intervallate da fotografie e ricordi di altre salite. Il Castore, infatti, si propone come stupendo balcone panoramico, oltre che come figlio del signore degli dei e della bella Leda.

Per me, questa salita ha significato un ritorno da un vecchio amico, un punto fermo delle mie vacanze alpine. Ormai ne conosco bene la cresta, i rialzi ed i saliscendi, i tratti più esposti, lo spazio della vetta; i grandi spazi intorno alla Punta Perazzi. Saprei disegnarne probabilmente una versione convincente su un tovagliolo di carta, ed anche se insieme ai propri amici è incomparabilmente più bello, saprei tranquillamente salirvi da solo, senza problemi. Ormai è una vetta che sento di poter chiamare “amica”, pur senza offenderne la bellezza e la nobiltà con salite azzardate, stupide bravate o vestiario inadeguato; quest’anno, funesti incidenti hanno colpito proprio queste cime, e non dimentico il triste spettacolo offerto dalla moltitudine di cordate in salita verso il rifugio Regina Margherita. Ben poche picche, cordate da dieci persone, zainetti scolastici, bastoncini telescopici, e via. Va tutto bene finché il tempo è bello, la gente tanta, il sole caldo.. Ma si è pur sempre un un colossale ghiacciaio, e questo va rispettato. Pochi giorni prima, invece, una bella occasione: è finalmente uscito il mio libro, il manuale che ho dedicato a queste amate montagne ayassine, Le Vette della Val d'Ayas. La “prova del nove”, dopo averne mostrato la mia copia al signor Favre - il gentile gestore del Sella, rifugio da sempre condotto con la perizia della Victory di Nelson contro la francese Bucentaure, a Trafalgar - è stata la salita al Castore nel 2008.

Libro in tasca, dimensioni accuratamente concepite per non impacciare attraverso la stoffa, dati e descrizione ben congeniati ed attinenti - per quanto sia possibile dipingere, nel tempo ed a parole, una creatura mutevole e selvaggia come un ghiacciaio. Due parole sui miei compagni di salita, i miei amici. Federico, mio concittadino, attualmente il mio abituale compagno di escursioni ed esplorazione, è venuto con me e Davide il 3 agosto alla Punta Gnifetti o Signalkuppe, che custodisce il bellissimo rifugio Regina Margherita, nel cuore del Rosa. Selena, legata in cordata tra me e Federico, è al suo primo “4000” - spero che il Castore le porti fortuna, essendo stato anche il mio primo “4000” - ma non lo si direbbe affatto, perché sale con l’entusiasmo di una ragazzina, il passo e lo slancio di una atleta, sempre pronta ad impugnare la sua preziosa Canon per immortalare questa meraviglia.. E perfino me, il che, a mio avviso, costiuisce uno spreco di spazio sulla scheda di memoria. Con tante cose stupende ed incredibili che ci circondano, fotografare me è come dedicare un book fotografico ad un paracarro nel parcheggio di un autogrill, d’inverno e magari con la nebbia. Davide, “Il Montanaro”, sale poco più in là insieme a Manuela, ed arriveremo insieme in vetta - non si lascia nessuno indietro, li aspettiamo volentieri. E’ aspirante accompagnatore del CAI di Abbiategrasso e webmaster dell’ottimo sito Lemiemontagne.it; abbiamo salito insieme moltissime vette, tra cui l’Emilius all’inizio dell’estate, il Rascias dal rifugio Dondena, la bella Becca Torché a metà ottobre, e molte altre ancora. Di Manuela, all’epoca, sapevo ben poco: ci eravamo conosciuti alla Trecare ed all’Emilius, ove mi era parsa una persona simpatica, aperta, una vera montanara, nonché amante dei Muse – autori di alcuni brani che effettivamente incontrano tuttora il mio gradimento. Qui sul Castore, realizzando questa semplice e perfetta salita, nell’entusiasmo generale, si può dire che diventiamo tutti una bella squadra, un bel gruppetto; è un dispiacere dover discendere.

Una morale al termine di questa storia, nata sotto il sole del 10 agosto e trascinatasi per tanti mesi? Volendo credere che tutti i racconti possiedano una loro morale, che tutto abbia un senso compiuto, e credendo fortemente che la montagna insegni… Sì, qualcosa c’è, e sicuramente; ma siamo esseri umani, ed è difficile ricordarlo ogni volta. La verità è che la gente va e viene, mentre la montagna resta. E che bisogna sempre fermarsi e fare chiarezza sulle proprie priorità. Perdersi dietro ai falsi amici, alla gentaglia ed all’arroganza dei pavidi, sacrificare forza, volontà di fare e tempo, per seguire le bassezze del tuo prossimo.. O risparmiare la propria energia per qualcosa di nobile e vero. Di puro ed alto. Per la montagna. Arrivederci, Castore, al più presto. Perché come dicevo un tempo, finché ci saranno buoni amici con cui tornare sulle montagne più amate, le cose non potranno andare tanto male.

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