La Val d'Ayas e le sue elevazioni principali
Caratteristica imprescindibile per una qualsiasi descrizione fisica di una valle montana, com'è naturale, è l'elenco delle sue vette. Le sue montagne costituiscono infatti un insieme variegato e dai molteplici aspetti, la cui principale costante è rappresentata dalla quota raggiunta, in molti casi vicina o superiore ai tremila metri.
Di forma allungata, disposta sull'asse nord-sud per circa ventotto chilometri, la Val d'Ayas possiede un andamento che è stato descritto come "a S" oppure "a falcetto", dovuto alla pressione glaciale del wurmiano e ad altri aspetti geomorfologici del suo passato. Il suo tratto iniziale è stretto, la parte mediana presenta invece un un fondovalle generalmente pianeggiante ed assolato, sul quale si aprono valloni laterali in quota. A settentrione, verso la testata della valle, due sono i valloni principali e (indicativamente) paralleli: quello delle Cime Bianche, ad occidente, e quello caratterizzato dai Pian di Verra (Superiore ed Inferiore), dalle massicce morene e dal soprastante Grande Ghiacciaio di Verra. In generale, il solco vallivo di Ayas è separato dalle valli confinarie da due alte catene montuose, piuttosto evidenti e parallele, che fungono da confini naturali con la Valtournenche e con la valle di Gressoney, o Valle del Lys. La catena occidentale nasce dai 2099 metri dell'arrotondata Testa Comagna, proseguendo poi con i 2722 metri del Monte Zerbion e con i 2683 metri del Colle Tantané, una cima posta in Valtournanche, ma accessibile da Ayas. Seguono quindi i 2832 del Grand Dent ed i 3010 metri della Becca di Nana (Falconetta). Da qui la cresta continua attraverso gli imponenti massicci del Petit Tournalin e del Grand Tournalin, rispettivamente di 3207 e 3379 metri, verso i 3334 metri del Monte Roisettaz per raggiungere la sua ultima elevazione, la Gran Sometta (3166 metri) che veglia il Colle Superiore delle Cime Bianche.
A proposito della cresta spartiacque occidentale, il Canonico G. Carrel nel numero 12 del Bullettino del Club Alpino Italiano, 1° semestre 1868 pubblicò il pregevole articolo La Vallée de Valtornenche en 1867, descrivendone i valichi: En jetant un coup d'oeil sur la carte on voit qu'on peut se rendre dans cette vallée de tout côtes. On y entre au nord par le col de la Forca et celui de Saint-Théodule, au levant par les cols de Portula près de la cime de Gerbion, de Tantané, de Pelonet, de Nana, du Tornalin et ceux des Cimes-Blanches vers le sommet de la vallée d'Ayas. (...) Il y a plusieurs passages pour se rendre dans la vallée d'Ayas. Pour aller au chef-lieu on pourrait choisir le col de Portola (2436m), au nord de la cime de Gerbion (2744m), en passant à Mulet par Chamois et La-Magdeleine. Sans mulet on peut passer presque partout, car l'arête qui sépare la vallée de Valtornenche de celle d'Ayas n'est pas bien élevée. Il y a d'ailleurs plusieurs passages bien fréquentés, celui de Tantaré, celui de Pelonet, ceux de Nana et du Tornalin. Le meilleur sentier pour les mulets c'est celui du col des Cimes-Blanches au nord-ouest en passant par les chalets d'Euilla et les hauts pàturages de Cleva-Greusa. Il faut près de 4 heures pour aller de Paquier sur ledit col. Dans 2 heures on peut arriver à l'Hôtel de Fières entre les chalets de l'Aventina et de Saint-Jacques d'Ayas. Le col des Cimes-Blanches est situé au midi de la Grand'Cemetta.
La seconda catena, sull'altro versante della valle, nasce più in basso, dai 1958 metri della Croix Courma, proseguendo con i 2710 del Monte Crabun prima di raggiungere i 3075 del Monte Nery o Becca Frudiera ed i 2647 del Monte Ciosé. Da qui continua verso il Corno Vitello (3057) che fronteggia il Monte Perrin, verso i 3313 metri della Testa Grigia, i 3152 del Monte Rothorn ed i 2971 del Monte Bettaforca. Seguono ancora la Punta Bettolina a 2996 metri e l'aspra cresta che nasce ai piedi del Rifugio Quintino Sella al Felik, la cui altitudine va da circa 3400 ai 3585 metri del rifugio stesso. Ma la catena confinaria, è bene ricordarlo, termina solamente al Colle di Felik, avanguardia del vicino Monte Castore, valico posto a 4176 metri di quota.
La Comunità montana dell'Evançon e i suoi aspetti fisici
La Val d'Ayas si inserisce nell'entità territoriale della Comunità Montana dell'Evançon, dal nome del torrente che la attraversa dai ghiacciai della testata per confluire nella Dora Baltea. Questa Comunità, la cui estensione è pari ad un decimo dell'intera Valle d'Aosta, consta di 36.613 ettari ed è delimitata a sud dal Mont Charvatton, presso Arnad, situato alla latitudine 45° e 56'. A nord, invece, dal Breithorn Occidentale alla latitudine 45° e 56', a circa 36 chilometri di distanza.
Una particolarità di questa Comunità montana (molto importante se si considera la sua limitata estensione) è l'alto dislivello vantato. Si parte dai 340 metri di Arnad, nel fondovalle, per arrivare ai 4221 metri del Monte Castore, ai 4090 del Polluce o ai 4165 del già citato Breithorn Occidentale. Questi dati possono suggerire come poche zone di Ayas, a causa della notevole asperità del territorio, siano adatte ad abitare in permanenza: si calcola infatti che appena il 12.5% della valle possa ospitare insediamenti stabili. Ciò è motivato anche dai 12000 ettari occupati dalla cosiddetta "Zona delle rupi e delle nevi perenni", che si trova al di sopra dei 2800 metri di quota, secondo rilevamenti satellitari del 1993: qui, per ben nove mesi su dodici, la temperatura impedisce la vita vegetale e quindi l'agricoltura o la pastorizia. Non così per le più moderne attività turistiche, quali quelle estive o invernali. Più favorevole è la sottostante "Zona dei pascoli", identificabile tra i 2000 ed i 2800 metri di quota, che in Ayas ricopre altri 6000 ettari.
E' caratterizzata dalla presenza di piante di minuscole dimensioni, microterme ed in grado di compiere rapidamente il proprio ciclo vegetativo, con fiori dai colori molto appariscenti per attrarre nel minor tempo possibile gli insetti necessari all'impollinazione. Questa fretta è dovuta al lungo perdurare del freddo a queste quote, tra i sette ed i nove mesi, che tuttavia non impedisce certo la crescita dell'erba nutriente e necessaria al bestiame: ogni giugno i pastori salgono agli alpeggi, sfruttando i ricchi pascoli di Ayas fino a fine settembre. Un tempo, quando vigeva l'economia di sussistenza, i pastori non esitavano a spingersi ben più in alto, alle soglie dei tremila metri, tant'è che nel 1908 la superficie adibita a pascolo era calcolata di ben 9000 ettari. Il professore Umberto Monterin, dopo ricerche del CNR nel 1932, notò come i bovini venissero spinti fino a 2500 e 2700 metri di quota, gli ovini fino ai 2850 metri.
La zona sottostante è quella "dei boschi", che in Val d'Ayas si attesta ai 2100 metri. Qui il gelo invernale non supera mai i sette mesi; inoltre, il clima ayassino ha permesso ai larici di crescere fino ai 2500 metri, costituendo così un record continentale. Questa zona consta di circa 12600 ettari di superficie, anche se i boschi vennero abbattuti per lasciar posto ai pascoli necessari a sostenere la vita umana, in epoche passate. Nel 1929, solo 10000 ettari erano ancora coperti da boschi, che sarebbero lentamente aumentati dopo la Seconda Guerra Mondiale, con l'abbandono delle zone più estreme, a causa di un migliore tenore di vita: nel 1993, i boschi d'Ayas ricoprivano 14000 ettari. Ultima zona riscontrabile in Ayas è quella "delle colture intensive", che occupa il fondovalle, là dove si abbiano almeno cinque mesi senza copertura nevosa: questo è il periodo minimo per coltivare patate, segale, legumi ed orzo. Questa zona si estende fino ai 1800 metri, ed è estesa per soli 4574 ettari; costituisce anche il limite massimo per gli insediamenti umani stabili. Più in basso, dove la neve rimane per un centinaio di giorni, si possono coltivare anche mais, vite, frumento.
I laghi ayassini
In Ayas, secondo il glaciologo professore Umberto Monterin, prevalgono tre tipi di laghi, di forma triangolare, ovale, allungata e stretta. L’ultima appare nei laghi di escavazione, con l’asse parallelo alla relativa catena montuosa. Tali laghi risultano perlopiù raggruppati: solo due di essi risultano isolati, il Lago Blu ed il Lac Vert. Nessun lago poi si trova sul fondovalle, nemmeno il basso Lago Blu o quello di Contenery, che hanno sede lungo il limite superiore dei larici. La maggioranza dei bacini si trova dunque in una fascia compresa tra i 2200 ed i 2900 metri, quasi tutti derivanti dal fenomeno glaciale, essendo d’erosione o di sbarramento morenico. Inoltre sono quasi tutti posti sopra la “doccia” glaciale wurmiana, e tutti posti in una fascia ci circa 500 metri di altezza, su terrazzi o pianori ai piedi delle dorsali spartiacque. Interessante è notare come i laghi si trovino principalmente sul versante sinistro della valle, dove si rilevò un maggiore sviluppo delle masse glaciali wurmiane e post wurmiane, mentre l’unico bacino sul lato destro di Ayas, il Verde, si trova in una zona che per cause orografico-altimetriche conobbe a sua volta uno sviluppo glaciale post wurmiano. L’origine dei laghi ayassini è quindi derivante dal moto e dall’erosione provocata dalle masse glaciali.
I ghiacciai nella preistoria ayassina
Il passato più remoto della Valle, tuttavia, presentava un aspetto fisico ben differente a quello appena descritto: nell'epoca Quaternaria, immensi ghiacciai ricoprivano infatti queste terre, come gli attuali ghiacciai dell'Artico. In quest'era, un'enorme lingua glaciale scendeva dall'attuale Monte Rosa lungo il profondo solco scavato in precedenza dall'Evançon, confluendo nel sottostante ghiacciaio Balteo, un'altra immensa estensione glaciale che, dall'attuale Monte Bianco, occupava l'intera valle della Dora Baltea. La sua morena laterale, è la lunghissima collina della Serra, tra le città di Ivrea e Biella, in Piemonte: uno spartiacque morenico di 25 Km, il cui frontale era formato dai laghi di Viverone e di Candia. Questo inimmaginabile ghiacciaio riceveva il tributo di comprensori minori, quali quelli provenienti dalla Valgrisenche, da La Thuile, dalle valli di Cogne e di Rhêmes, dalla Valle del Buthier, dalla Valsavarenche, dalla Valle dell'Evançon, dalla Valle del Lys e dalla Valle di Champorcher, più oltre. Così, per l'erosione glaciale, nacque Ayas, conservando nei millenni le tracce degli eventi naturali che portarono alla sua nascita: versanti molto ripidi ed alti, spesso soprastanti i 3000 metri, con un fondovalle piatto, ampio e bordato da cospicui depositi morenici, resti della ritirata dell'antico ghiacciaio.
Un solo punto, una sola elevazione, respinse sempre l'avanzata della massa glaciale: la Testa Comagna, che nel tempo venne lisciata ma non abbattuta, modellando la Val d'Ayas in una decisa strettoia in corrispondenza del millenario maniero di Graines. Dopo questo ostacolo, il ghiacciaio dell'Evançon ricadeva su Arcesaz, occupando anche la zona di Challant e conformando l'attuale aspetto geomorfologico di Ayas. Non solo: in varie epoche, lo stesso ghiacciaio Balteo risalì verso la valle di Challant, specialmente nella grande glaciazione di Wurm, risalente a 75000-10000 anni or sono, quando sommerse Brusson, salendo attraverso il Col de Joux. Basti pensare che, nella zona di Verrès, lo spessore del mostruoso ghiacciaio raggiungeva i 1300-1600 metri, compatibilmente con la larghezza, vantata dallo stesso Balteo, di circa dieci chilometri. Anche a Verrès, la potenza dei due ghiacciai (quello dell'attuale Val d'Ayas e, ben maggiore, del Balteo) ha creato un ampio pianoro sul quale attualmente scorre la Dora. Questi mostruosi ghiacciai impiegarono ben 4000 anni per liberare le terre sottostanti, dopo l'epoca di Wurm: toccò prima alla Valle principale, poi alla zona di Challand, e solo infine ad Ayas. I corsi d'acqua, più lentamente ma con altrettanto vigore, ripresero l'opera dei ghiacciai, creando profondi solchi vallivi, come nel caso della Dora che tagliò la gola di Montjovet. L'Evançon, invece, scavò una sorta di collegamento tra il livello del ghiacciaio suo omonimo e tra quello, molto più profondo, del ghiacciaio Balteo, dai 700 metri del primo livello che oggi si trova a Challand-Saint-Victor ai circa 300 del secondo, nel fondovalle, nella zona della celebre cascata di Isollaz. L'Evançon ha così isolato la rocca del castello di Verrès, creando inoltre le gole di San Valentino per unire i bacini di Ayas ed Arcésaz.
Cos'è rimasto, oggi, di queste immani superfici glaciali? L'alta valle del torrente Evançon, ai nostri giorni, ospita ancora cinque distinti ghiacciai: il più evidente, tra i maggiori della Valle d'Aosta, è il Grande Ghiacciaio di Verra, separato dal Piccolo Ghiacciaio di Verra che scende dai 4221 metri del Castore; sono entrambi ghiacciai di tipo "vallivo". Gli altri sono il Ghiacciaio di Ventina, sottostante la Gobba di Rollin, da cui dipende anche il ghiacciaio di Tzére o Tsére; entrambe sono formazioni "di calotta". Verso est abbiamo infine il ghiacciaio Martelli, una formazione "a circo", ed il ghiacciaio Perazzi, formazione "a bacino", due estensioni minori. Essendo caratterizzati da una temperatura molto prossima al punto di fusione, in quanto ghiacciai temperati, i ghiacciai ayassini sono sempre stati molto suscettibili ai cambiamenti climatici.
Dal 1923 la regressione dell'estensione glaciale diminuì la lunghezza della lingua inferiore del Grande di Verra di circa 500 metri, in quasi cinquant'anni. Nell'anno 1957, la superficie complessiva dei ghiacciai ayassini era di 1320 ettari, purtroppo in ritiro. Dagli anni Settanta invece una combinazione di fattori ambientali portò all'avanzata dei ghiacciai, che raggiunsero nel 1975 i 1412 ettari di estensione. Nel medesimo anno i ghiacciai di Aventina e di Tzére avevano una lunghezza di 2.50 Km ed una superficie di 369 ettari, il Grande Ghiacciaio di Verra vantava una superficie di 728 ettari per una lunghezza di 5.10 Km, il Piccolo di Verra 241 ettari d'estensione per una lunghezza di 3.12 Km. Il Martelli, invece, aveva 12 ettari d'estensione per 0.47 metri di lunghezza, mentre il Perazzi vantava 62 ettari e 1.55 Km. Dal 1985 in poi, invece, subentrò la fase di diminuzione che ancora oggi è in atto. Una diminuzione constatabile ad occhio nudo, per esempio salendo la morena verso il Rifugio Mezzalama, osservando il fronte glaciale sottostante: nel corso degli ultimi anni, nel gruppo del Rosa, il limite delle nevi perenni si è alzato di ben 100 metri di quota, sottraendo volume a causa della perdita di ghiaccio dovuta ai mesi caldi. Le estati del 2003, 2015 e 2017 hanno gravemente intaccato la superficie glaciale ayassina, come quella di tanti altri bacini glaciali nazionali ed europei.
Nella sua opera La fronte del Ghiacciaio di Verra (Valle di Ayas) nel 1923, il torinese professore Federico Sacco - collega di Monterin - espone a sua volta le annotazioni riguardanti il Grande di Verra, effettuate tra il 1913 ed il 1923. Proprio in questa opera viene delineata l'età del Lago Blu, "(...) Infatti è probabile che il Ghiacciaio di Verra, che nel periodo del 1820 doveva trovarsi imprigionato tra le sue alte morene laterali, quando ritornò ad avanzarsi nel periodo del 1850-60, trovando il suo alveo in parte sopraelevato dai depositi alluviomorenici del precedente periodo di ritiro (1830 - 45 circa), abbia dovuto a sua volta sopraelevarsi, diventando in parte pensile, e quindi le sue acque di fusione cominciarono a fuoriuscire in parte attraverso il materiale incoerente della morena destra, alimentando così in parte la conca del Lago Bleu".
Il Grande Ghiacciaio di Verra
Il maggiore come anticipato tra tutti i ghiacciai ayassini, oltre che tra le similari estensioni valdostane, il Ghiacciaio di Verra si presenta come un ampio e bellissimo anfiteatro circolare, delimitato ad occidente dalla massiccia Gobba di Rollin, ad oriente dal Monte Castore, e diviso in due entità separate (Grande e Piccolo, appunto) dalla slanciata piramide rocciosa del Lambronecca, dove dal 1989 sorge il Rifugio Guide d'Ayas. Il grande anfiteatro sorge circa a 3000- 3100 metri di quota, sopra il Rifugio Ottorino Mezzalama, ma più in basso si spinge ancora la lingua glaciale nascente da un'ampia seraccata. La lingua glaciale, al momento in regressione, è delimitata lateralmente da poderose morene, su una delle quali (la sinistra per chi sale) si svolge il sentiero numero 7 per i due rifugi soprastanti. Questo ghiacciaio fu studiato, nel corso del tempo, da insigni glaciologi come Giotto Dainelli, Umberto Monterin, Manfredo Vanni. Quest'ultimo, nel 1953, scrisse come la Carta degli Stati Sardi del 1856, riferendosi però alle rilevazioni del 1821, attribuisse al Grande Ghiacciaio di Verra un'estensione oggi inimmaginabile, fino al Pian di Verra.
Il Lago Blu non era invece ritratto, perché non ancora formatosi; lo studioso specifica come la Carta topografica del Regno d'Italia del 1884 mostrasse il fronte glaciale addirittura a valle dell'attuale Lago Blu, il quale si trova a 2220 metri d'altezza, al termine del sentiero 7A. Il professor Monterin, a sua volta, illustrò come tale ghiacciaio, nel XIX secolo, si spingesse fino all'attuale ponte del Pian di Verra, tra i 2069 ed i 2100 metri di quota. Secondo lo studioso, il ghiacciaio si spingeva fin contro la Rocca di Verra, creando quindi il Lago Blu nella forma di lago di sbarramento morenico. Egli scoprì anche, nel settembre 1935, un tronco di abete sul fronte del Grande Ghiacciaio di Verra, allora a quota 2250 metri, ben superiori ai 1950 normali per questa specie di piante. La scoperta era singolare: Monterin accertò che non era stato spostato dall'uomo, poiché un limo serpentinoso testimoniava una lunga permanenza del legno sotto il ghiaccio, ed ipotizzò quindi che l'albero fosse stato sradicato da un'espansione glaciale (forse quella del 1550) dopo essere cresciuto a monte del punto di ritrovamento. Visto che l'abete sorge all'ombra di altre piante, la soluzione ovvia era che l'attuale morena con la lingua glaciale fosse un tempo coperta da una vera foresta, poi annientata dal ghiacciaio. Queste intuizioni vennero successivamente confermate dalla moderna sedimentologia, dall'analisi degli isotopi radioattivi e dalla dendrocronologia: dal 750 al 1550, le Alpi erano caratterizzate da un clima molto più secco dell'attuale, con una media superiore all'odierna di circa tre gradi. In quest'ottica si spiega la tradizione ayassina di ricordare veri e propri insediamenti stabili ai Piani di Verra e di Aventina, a La Vardaz, nel Vallone di Nana, ipotizzando dunque un limite delle nevi eterne a 3600 metri. Questo permetteva infatti le comunicazioni mercantili tra Ayas ed il colle del Teodulo, mediante una mulattiera al Colle delle Cime Bianche. Nel 1600 l'espansione glaciale del Grande di Verra e del ghiacciaio di Plan Tendre chiuse questa secolare via di comunicazione, tagliando fuori Ayas dai commerci d'oltralpe e provocando il declino del potere dei signori di Challant, oltre ad originare forse l'antico ed affascinante mito della perduta cittadina di Felik. Quali sono, al momento, le condizioni del ghiacciaio? Dopo essersi allargato di circa ottanta metri nel periodo favorevole 1973-1983, il Grande Ghiacciaio di Verra e la sua lingua inferiore hanno conosciuto una costante ed innegabile regressione, che sfortunatamente prosegue di anno in anno.
Il clima secco di Ayas
Contraddistinta da precipitazioni piuttosto scarse che raggiungono solo i 700-900 mm di media, Ayas è anche caratterizzata da una generale esposizione territoriale a sud o a sudovest (in gergo, "adret") che provoca un'alta radiazione solare sui terreni, con conseguente alta evaporazione dell'acqua in essi contenuta, rispetto alle zone in ombra, dette "envers". Per ovviare a questo problema, da secoli gli ingegnosi abitanti della valle hanno saputo creare una capillare rete d'irrigazione, che vanta circa venticinque canali in Ayas ed il doppio nella conca di Brusson. Tra i più noti, ricordiamo naturalmente il Ru Cortot, risalente al XV secolo, che porta l'acqua del ghiacciaio di Ventina attraverso il Col de Joux fino a Saint Vincent, oltre ai medievali Ru d'Arlaz e Ru Herbal. Grazie a queste acque industriosamente distribuite, l'agricoltura può raccogliere i frutti del sole e del calore sui versanti "adret", contribuendo così ad aumentare il valore dell'intera Val d'Ayas.
La vegetazione
Ayas, a causa del suo aspetto fisico, presenta un clima lievemente più umido rispetto alla vicina Valtournanche, con una più marcata risalita delle piante latifoglie all'interno del territorio. Sono presenti infatti aceri montani, betulle, frassini e ciliegi selvatici, fino alla quota di Challand-Saint-Anselme. Più in alto si incontrano invece pini silvestri, abeti rossi ed abbondanti lariceti.
Per ulteriori informazioni sugli argomenti trattati, si consiglia la consultazione della sezione Recensioni di questo sito. Si ricorda infine che dal luglio 2012 è disponibile la sezione I rifiuti in montagna.