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Ayas. Toponomastica fascista

Fascismo ed italianizzazione forzata. La toponomastica e la letteratura ayassine e valdostane nel Ventennio

Malgrado il copioso scibile dedicato nel corso degli ultimi decenni ad uno dei fenomeni sociali, politici e storici dell'Italia moderna, il fascismo ed il suo portato vengono soventemente analizzati in chiave macro-storica: le alleanze, gli scontri ed i giochi di potere tra gerarchi, la sciagurata entrata in guerra e le conseguenti disfatte, il crepuscolo della Repubblica Sociale, la guerra civile, l'epilogo di Piazzale Loreto. E' tuttavia attraverso la cosiddetta micro-storiache i dettagli più reconditi e vicini alle persone, alle famiglie ed alle piccole comunità possono tornare a vivere: se la Valle d'Aosta e specialmente le Valli di Champorcher e del Lys vantano un discreto scibile dedicato alle vicende della guerra partigiana, questa pagina di Varasc.it vuole approfondire una tematica ancora meno consueta e spesso dimenticata, se non saltuariamente a livello di aneddoto.

Dopo gli studi dedicati alla preistoria, alla storia romana, al Medio Evo, all'archeologia, alla toponomastica contemporanea della Val d'Ayas, Varasc.it prosegue lo sguardo lanciato al fosco periodo della Seconda guerra mondiale mediante i volumi Operation Pointblank e Braccati. Quale fu l'evoluzione della toponomastica e della letteratura prima e durante il Ventennio fascista? E' possibile parlare di stravolgimento dei toponimi e della dizione precedente, per quanto concerne la Val d'Ayas? In quanta parte la letteratura valdostana fu permeata dal fenomeno fascista?

 

L'analisi toponomastica e letteraria. Le fonti storiche

Questo approfondimento si è doverosamente basato su fonti storiche accertate e scientificamente verificabili, suddivise in due categorie: la cartografia ufficiale e lo scibile cartaceo, ovvero la manualistica e la letteratura risalenti al periodo in esame (primi del Novecento-metà degli anni Quaranta), analizzate nelle recensioni di Varasc.it. Presumibilmente, nuove acquisizioni permetteranno in futuro di ampliare questo studio.  

La toponomastica nella cartografia (1899-1901-1928-1929/1931-1933-1934)

1. La nostra indagine ha inizio nel 1899, con la carta Verres, settima litografia dell'opera Carte du Versant Italien des Alpes (1899-1902). In scala 1:80.000, a colori, la carta ritrae la Testa Grigia ed il Corno Vitello, il Monte Reques (2402) in luogo della più bassa Croce di Becquet o della ben più elevata Punta Ruines. Si vedono inoltre la Punta Piure, il Monte Pezey ed i Laghi di Col Pinter, il Passo di Val Fredda ed il Passo di Val Nera, i Monti Ciosé e Taille, il Taf, la Punta di Soleron, la Punta di Frudiera, la Weiss Weib, le Becche di Vlou e Torché, il Monte Voghel, il Monte Nero (Corno del Lago) ed il Colle di Munes o Dondeuil; sopra Arbaz è ritratto il Colle Kec Horn ma non ci sono altre variazioni fino allo Zerbion ed al Monte Tantané. Quasi immutata anche la trascrizione dei villaggi, da Magneaz a Lignod a Bissou, Extrepiera, Volon, Salamon, Brusson, Graine, Arceza, Curien, Alesa, Tolegnaz, Isolaz, Targnod, Verres

2. Pubblicato due anni più tardi, il Foglio 29 della Carta d'Italia Châtillon non presenta sostanziali differenze toponomastiche. Venne realizzata dall'Istituto Geografico Militare sulla base di rilievi generali effettuati nell'agosto 1901 dal topografo Puccini, dai tenenti Cavallo e Taglioni. La dizione delle principali cime e località rimane invariata rispetto ai giorni nostri: Montjovet, Emarese, Saint Vincent, Torgnon, Antey Saint André, La Magdeleine, Promiod, Colle Pillonet, Monte Tantané, Zerbion, Colle Portola. In scala 1:50.000, la carta mostra anche parte del territorio ayassino: restano praticamente invariate Lignod e Cornu, Extrepiera, Magnechoulaz, Periasc, Pra Charbon. Compare, solo titolo degno di nota, un Monte Felera (2144) al disopra di Extrapieraz, lungo la dorsale intervalliva che proviene dallo Zerbion e dal Picco Belin. Si tratta dell'attuale Mont Jetire (2145 metri), mentre la Cima Botta non è disegnata. 

3. Nel 1928, a Mondovì, la Tipografia Commerciale pubblicò il notevole Vallée de Challand. Brusson - Guide et Folk-Lore dell'Abbé Louis Bonin, avec une carte. La carta in questione, in scala 1:50.000, venne disegnata da Guido Muratore e composta dallo stesso Bonin; stretta ed orientata da sud a nord, riproduce l'intero solco ayassino, oltre ad una minima parte della Valle del Lys sulla destra e della Valtournenche a sinistra. Molti termini appaiono francesizzati, come il Col Thèodule, il Pas de Ventina, il Plan de Rosà, la Roche Noire, la Pointe Castor, il Glacier de Verra ed il Glacier du Lys, la Cabane Sella, il Col Nord delle Cimes Blanches; si notano la Bosse del Rollin ed il misterioso toponimo Lambronecca, antecedente alla costruzione del rifugio Ottorino Mezzalama. Seguono il Mont Rouge ed il Palon di Resy, il Monte Bettaforca ed il Lac Charcherio, il Mont Cheval, il Lac Gontenery; tra i due Tournalin è disegnato un Col Tournalin (3010). Molti toponimi sono solamente tradotti in francese, come Tête Grise o Col Mascogne, Pointe de Lavassey (l'odierna Punta Valfredda), Pointe de la Reine o Mont Noir (il Corno del Lago); altri sono più antichi e profondamente diversi, come Mont Dzerbion, Becca de Laure (oggi Punta Valnera, anche se le quote non coincidono) o Mont Grenon, al posto della Punta di Soleron, o ancora Pointe Basse (1300), probabilmente inerente all'attuale Monte Jetire o alla Cima Botta, malgrado la quota indicata da Bonin non coincida con alcuno dei due rilievi. Grande importanza è riservata ai colli Majousel e Fromy, rispetto al più trafficato Colle di Joux; la carta mostra inoltre un Mont d'Artsesa tra la Tête de Comagne e la Pointe Tsecore.

Altri nomi recano tracce della successiva evoluzione toponomastica, come il Col Boquetta, l'attuale Bocchetta di Eclou; la Punta Ruines è descritta come Pointe Mascogne, mentre compaiono la Pointe Guà ed il Monte Bieteron. Si notano inoltre il Pezzey ed il Mont Château; la carta è chiusa a meridione dal Bec de l'Aigle (Monte dell'Aquila) e dal Mont de Carogne. Quasi invariata la trascrizione dei villaggi, ad eccezione di Crosetta (la località Crocetta di Saint Jacques), Fenilia al posto di Fenilliaz, Alésa al posto di Allesaz

4. Stampata a più riprese nel 1929 e nel 1931, tuttora facilmente reperibile, l'ottima Carta delle zone turistiche d'Italia del Touring Club Italiano di Milano offre una carta in scala 1:50.000 dedicata al Cervino e Monte Rosa, ben disegnata e dalla pregevole raffigurazione cromatica: Ayas è ritratta dai Quattromila del confine elvetico fino a Lignod, senza sostanziali variazioni nella toponomastica. Non cambiano i toponimi delle sue vette, dai Breithorn alla Gobba di Rollin ed alla Roccia Nera, dal Monte Polluce al Monte Castore, fino ai Lyskamm; permangono il Palon di Resy, il Monte Bettolina, il Monte Bettaforca, il Monte Cavallo ed il Monte Sarezza, la Testa Grigia, la Punta Piure, il Monte della Nonna, il Pezey (Monte Pezzei), il Monte Château al posto di Monte Chaleau, il Corno Vitello. Unica variante, la parola Rothhorn. Sul versante occidentale restano invariati, anche se italianizzati, il Gran e Piccolo Tournalin; invariata la Becca Trecare, così come il Grand Dent e il Colle Pillonet. Non cambiano neppure i toponimi dei villaggi, quali ad esempio Résy e Saint Jacques, Frachey, Champoluc, Palouetta, Magnéa, Antagnod e Lignod, Bisous e Pilaz; lievemente mutati invece Franz, al posto dell'odierno Frantzé, e Perriasc

5. Numerose sono le cosiddette tavolette dell'Istituto Geografico Militare, amate e collezionate da generazioni di escursionisti ed alpinisti: il Foglio 29 I S.O. della Carta d'Italia, Saint Jacques, in scala 1:25.000, venne realizzato e ristampato nel corso degli anni sulla base dei rilievi grafici e stereofotogrammetrici del 1934. Nemmeno qui sussistono cambiamenti degni di nota nella dizione: dal Pian di Verra al Monte Rosso di Verra, al Palon di Resy, alla Punta Bettolina, al Monte Bettaforca. Immutata anche la toponomastica dei villaggi, corretta la trascrizione del Torrente Evançon.

5A. Il Foglio sottostante, 29 II N.O. Gressoney, ritrae il resto dell'alta Ayas: compaiono la Croce di Becquet, la Punta Piure e la Punta Ruines, il Monte della Nonna (non il Pezzei) e lo Chaleau, il Monte Perrin, il Corno Bussola, la Punta Goà, ma non la Gran Cima. Nemmeno la dizione dei toponimi del fondovalle presenta mutazioni: Brusson, Vollon, Estoul, le alpi Rivola e Cleva Bella, non ancora disegnate come rovine.

5B. Il Foglio 29 II S.O. Challant, realizzata e successivamente riedita sulla base di rilevamenti del 1933, si estende dalla Testa Comagna e dai Monte Rena e Taf verso sud: compaiono la Punta Champlon, la Punta di Soleron ed il Monte Nery, il Colle Chasten, il Monte Voghel, la Becca di Vlou e la Becca Torché, il Dondeuil ed il Corno del Lago. Intatta la toponomastica dei villaggi, da Targnod ed Isollaz ai due Challand, da Chatillonet ed Orbeillaz a Quincod, da Tollegnaz e Moussanet fino ad Arcesaz.

6. Edita nel 1934, la Parte II della Guida pratica ai luoghi di soggiorno e di cura d'Italia del Touring Club Italiano di Milano mostra ancora, a pagina 123, una pregevole Veduta panoramica di Brusson e Champoluc, in realtà una cartina stilizzata. Malgrado il periodo, non si notano divergenze particolarmente eclatanti dalla toponomastica precedente ed attuale: cambiano solo Rothhorn, Charcherio, Monte Palon (in luogo dell'attuale Punta Guà e del contiguo Monte Palon), mentre torna il Mont Bequet al posto dell'attuale Croce di Becquet. Identici agli attuali i toponimi dei villaggi.

Si delinea dunque, tramite l'analisi del materiale cartografico fin qui analizzato, la sostanziale assenza di stravolgimenti e modifiche in chiave "nazionalista" della toponomastica nel periodo 1899-1934. Non risultano forzate italianizzazioni dei termini: si possono notare solamente lievi variazioni nella trascrizione, probabilmente dovute alla differente percezione della pronuncia o alla difficoltà di reperire fonti scritte ed orali affidabili.

 

La letteratura e la manualistica (1923-2931-1931-1932-1939-1942 etc.)

1. L'analisi inizia nel 1923, con la pubblicazione del breve manuale Itinerari alpini V. Dall'Attendamento S.A.R.I. in Valle d'Ayas, a cura del "sarino anziano" Ferdinando di San Martino, conte di Strambino. Il SARI era un gruppo giovanile studentesco del CAI torinese, la cui sigla significava Sint Alpes Robur Iuvenum; l'elenco di escursioni ed ascensioni è aperto dal curioso monito inerente alla peculiarità della Val d'Ayas. Come zona di frontiera è necessario il permesso dell’Autorità Militare, che viene rilasciato dal Comando 4ª Divisione di Fanteria di Novara, facendone domanda su carta da bollo da Lire 1,20, da presentarsi almeno 10 giorni prima. La toponomastica elencata non presenta grandi differenze rispetto all'attuale: permangono i nomi Verrès, Champoluc, Brusson, Targnod, Villa, Corliod, Tilly, Quinçod, Arceza, Cuneaz, Lavassey. Alla dicitura Testa Grigia si affianca il toponimo tedesco Grauhaupt, mentre Periasc diviene Periax e, nel Vallone di Mascogna, sono citate le alpi Vieilla, Chavannes e Gemma. Curiosamente, l'estensore definisce il Pian di Verra come un piano paludoso, mentre il Palon di Tzére diventa il Pallon di Sere; alla Gran Sometta viene anche avvicinata l'alternativa Gran Cemetta. Ciò nonostante, non si notano eccessivi stravolgimenti nella dizione e, soprattutto, richiami nazionalistici o xenofobi nei confronti di una forzata italianizzazione dei termini. 

2. Nel 1929-An VII comparve il dotto, approfondito e mirabile saggio dell'Abbé Joseph-Marie Henry, curato di Valpelline. Debitamente provvisto dell'indispensabile imprimatur (nonché dei calorosi complimenti) del vescovo di Aosta, il volume, peraltro pregevole, costituisce un caposaldo dell'analisi storiografica e toponomastica relativa alla Valle d'Aosta ed alle sue vallate, tra cui Ayas. Il testo non maschera affatto l'entusiasmo e l'ammirazione dell'Autore nei confronti di Benito Mussolini. L'analisi è stata condotta da Varasc.it nel febbraio-aprile 2011. Numerosi i rimandi, anche se il primo richiamo pare privo d'enfasi. A pagina 115, non celando la soddisfazione ed il rimpianto per le antiche e pesanti pene inferte contro le blasphémateur, (...) sévèrement puni au moyen âge, Henry conclude: Par décret du 9 novembre 1926, Mussolini a de nouveau porté des peines sévères contre le blasphémateur. A pagina 383, Henry riprende il pesante portato umano, sociale ed economico della Grande Guerra, il disordine ed il disfattismo nei ceti sociali. (...) L'Italie allait sombrer. Mais la Providence en eut pitié. Elle lui envoya un homme de génie et de poigne, qui, d'un coup magique, fit tout rentrer dans l'ordre et remit les choses en un état meilleur même que celui d'avant-guerre. Cet homme, est notre Premier: Mussolini. L'esaltazione del dittatore giunse al parossismo: (...) Notre Premier développe le programme tracé par Dieu à Jérémie, Ecce constitui te hodie super gentes, ut evellas, et destruas, et disperdas, et dissipes, et aedifices, et plantes (Jérémie, I, 10).

Ed ancora: (...) Mussolini déracina sans merci les plantes pernicieuses de la franc-maçonnerie, du libéralisme, du bolchévisme, du subversivisme, qui avaient poussé dans le sous-sol de si fortes racines, et qui menaçaient d'étouffer le bon grain. L'Autore procedette ulteriormente con la descrizione ed il plauso per l'opera di "estirpazione" mussoliniana, passando quindi a celebrarne l'attività "propositiva": Il fait, maintenant, partout, refleurir l'industrie et le commerce; il développe l'agriculture, en promouvant la bonification et l'irrigation des terrains incultes; il donne un grand essor aux communications; il retient au pays, des millions de bras, qui ne vont plus enrichir d'autres nations. (...) Il maintient l'ordre et la tranquillité à l'interieur, en sorte que tout le monde, actuellement, peut vivre en paix sous sa vigne et sous son figuier: Fecit pacem super terram, et sedit unusquisque sub vite sua, et sub ficulnea sua: et non erat qui eos terreret (I. Mach., XIV, 11, 12). L'ultimo paragrafo illumina il lettore (ove già non bastassero le pagine precedenti, scritte di pugno da parte di un curato di Santa Chiesa Cattolica Romana ed approvate dal suo vescovo) sul rapporto privilegiato esistente tra la Chiesa ed il Duce. (...) Comprenant l'aide considérable qui l'Eglise peut lui apporter dans sa lutte contre le désordre, Mussolini lui a octroyé des faveurs: il a, ensuite de la dépréciation de la monnaie, augmenté la congrue des curés; il a exempté les clercs du service militaire; il a introduit dans les écoles primaires l'einsegnement obligatoire de la religion; en un mot, il a fait pour l'Eglise des choses qu'aucun gouvernement antérieur n'avait faites.

Tale analisi risalente al 1929, sebbene condotta in chiave (ancora) esaltata e plaudente, evidenziava purtroppo i punti salienti della condotta fascista: totale irreggimentazione della vita nazionale, totale repressione di ogni forma di protesta o dissociazione, individuale o di gruppo, nonché un vantaggioso avvicinamento alla Chiesa Cattolica per consolidare l'adesione e la fedeltà delle masse. Ancora a pagina 400, parlando dei Podestats, Henry commentò: C'est une des innovations les plus heureuses de notre Premier, Mussolini. Questi brevi spunti, delineando un'opinione ben più estesa all'interno di tutta l'opera, fungono tuttora da interessante monito storiografico sul favore popolare e religioso di cui godette ampiamente il regime fascista nei primi anni di esistenza, successivamente alla Marcia su Roma. Presto l'ordine e la tranquillità interna avrebbero lasciato il posto ad una maggiore percezione dei soprusi e della messe di divieti imposti da Roma, iniziando ad alienare le simpatie delle genti di montagna; la stessa lingua francese, tanto cara all'Abbé Henry, sarebbe presto caduta preda dell'esasperato odio nazionalista sbandierato senza requie dai gerarchi.

3. Nel 1931, i librai della Real Casa (l'editore S. Lattes & C. di Torino) pubblicò il volumetto Valle di Champoluc. Challand-Brusson-Ayas, firmato dall'avvocato torinese Mario Aldrovandi. Quarto manuale della collana Guida delle Valli d'Aosta, il libro si propose come uno dei primi di una fortunata e pluridecennale carriera di alpinista, scrittore e studioso "di montagna"; verrà riproposto nel 1969, esteso anche alla Valtournanche ed a Saint Barthelemy. L'edizione del 1931 mantiene invariati i principali toponimi, come Champoluc, Graines, Evançon, Tantané, Brusson, Fiery, Périasc, Antagnod, Fontaney, Abaz e Châtaignère; si nota invece il Colle di Joug, in riferimento all'antico significato mitologico del Colle di Joux, mentre il Colle Tzécore viene definito Tsicore e l'alpe Charbonière, nel Vallone di Graines, diventa Ciarbonira.

4. Sempre nel 1931, Rupicapra Editore di Milano pubblicò un classico dell'avventura e della letteratura "alpina": Il Monte Rosa. Vicende uomini e imprese, di Eugenio Fasana, alpinista del CAI e della SEM. Il volume, corredato da quasi ottanta incisioni fotografiche, non presenta alcuna "forzatura" politica né alterazioni nella toponomastica, mantenendola invariata: Brusson, Colle di Joux, Testa Comagna, Becca Torché, Valle di Ayas, Signori di Challant, Verrès. E' significativo notare la mancanza di simili forzature, malgrado l'Autore abbia visitato la Val d'Ayas durante la ferma militare, in occasione delle esercitazioni del Battaglione alpino "Morbegno", nel 1907. Egli riuscì inoltre a scorgere, dall'alto della Torché, l'ormai perduto Ghiacciaio di Chasten

5. Pubblicati a Novara nel 1932 dall'Istituto Geografico DeAgostini, i due volumi de La Valle d'Aosta di Giulio (poi, Jules) Brocherel si presentano come un'ottima descrizione delle vallate aostane, dei monti e della cultura locale. Ricchi di fotografie e panoramiche, malgrado l'epoca ed alcune considerazioni di natura politica dell'Autore, preservano intatta la toponomastica preesistente, senza alcuna interpolazione o correzione in chiave nazionalista. E' tuttavia opportuno ricordarne il pensiero: (...) Città montanara per antonomasia, bardata di pietra grigia, Aosta è stata per secoli il sacrario ove fermentò, col lealismo incorruttibile per la dinastia sabauda, il fiero spirito d'indipendenza del popolo valdostano, ove si temprò il patriottismo e si alimentò la fede che i figli dell'Alpe immolarono in cento battaglie; oggi, cittadella avanzata d'italianità ai confini della Patria, Aosta è tutta pervasa di virili propositi per essere degna, con le opere del civile progresso, e del suo passato di gloria, e del suo futuro di elevazione, al quale l'hanno avviata le romane insegne del littorio.

6. Il 20 luglio del 1939, ad Aosta (diciannove giorni dopo l'imprimatur del canonico Edoardo Brunod), don Giuseppe Bréan pubblicò l'agile libello La Chiesa di Brusson, rarissima testimonianza di questa comunità nell'inquieto periodo storico, ormai affacciato sul baratro di lunghi anni di guerra. Per quanto rigorosamente redatto in italiano, il testo è del tutto scevro da qualsivoglia elemento di retorica o forzatura, limitandosi a descrivere storia, aspetto e vicissitudini recenti della parrocchia ayassina. Si notano pochi termini meno consueti, come la trasposizione del presunto, antichissimo nome del Torrente Evançon, Avinzôn; è utilizzato anche il vecchio toponimo di Arcesaz, Arzésa.  

7. Ben differente è il tenore dell'opera Gruppo del Monte Rosa. Dal Passo di San Teodulo al Passo di Felich, firmata da Dino Vecchio e pubblicata nel settembre-ottobre 1942 dalla Società Autonoma d'Alpinismo del GUF milanese, il Gruppo Universitario Fascista. A prescindere dalla sua rarità e dal valore per il collezionista, il libro di Vecchio si rivela un'autentica ed a tratti sconvolgente miniera di dati sulla mentalità e sulle usanze, spesso forzose ed incomprensibili ad occhi moderni, dell'epoca. Il gruppo del Rosa, a cavaliere tra il Vallese, l'Ossola, la Sesia e l'Aostano, appartiene totalmente - come si è visto nella parte storica - alla regione italica, premette difatti l'autore, prima di introdurne in chiave fortemente polemica lo "spinoso" problema linguistico. I nomi di luogo, nelle basse valli del gruppo del Rosa sono pertanto pienamente nostrani e dobbiamo soltanto rammaricare che in tempi relativamente recenti - causa un periodo di lingua ufficiale francese nelle vallate dell'Aostano - la parte inferiore delle valli di Gressonei, Aias e Tornenza ne abbiano subito le conseguenze con un infranciosamento di grafia che stranamente perdura a tutt'oggi anche sulle carte topografiche dell'I.G.M e della C.T.I. Esso è però fenomeno del tutto superficiale e destinato ad essere presto e facilmente cancellato, col ripristino anche formale della ortografia nostra, conclude Vecchio con scarsa lungimiranza, non prevedendo evidentemente il portato della sciagurata impresa bellica in cui si era nel frattempo imbarcata l'Italia. (...) Più grave invece la penetrazione - in uno con la popolazione allogena dei Walser di cui si è detto altrove - di una toponomastica straniera sia nella grande vallata della Vespia, sia nelle testate delle valli Anzasca, Sesia, di Gressonei, e, a quanto pare, un tempo anche d'Aias.

Dino Vecchio, insieme ad altri camerati e amici, tradusse in italici vocaboli i toponimi "corrotti" dalla millenaria influenza "straniera", non lesinando critiche alla cartografia del periodo per aver adottato senza alcuna remora la dizione forestiera in luogo di quella italiana. Non si fermò nemmeno dal tradurre i nomi, palesemente stranieri, di alcuni grandi alpinisti: ecco dunque Stefano Winkworth, Roberto Fowler, Guglielmo Mathews e Giovanni Ball. 

Val d'Ayas: Valle dell'Evenzone, Valle di Ciampoluc, Valle di Cialland, Valle di Aias

Valtournenche: Valtornenza

Valle del Lys: Valle del Lis o di Gressonei

Allesaz: Alesa

Antey, La Magdeleine, Antey Saint André: Antei La Maddalena ed Antei Sant'Andrea

Arcesaz: Arzesa

Beau Bois: Belbosco

Becca Chalex: Becca Cialese

Becca Chavernie: Becca Ciavernic

Becca di Vlou: Becca di Vlù

Becca Mortens: Becca Morteil

Becca Torché: Becca Torzé

Breithorn: Cime Larghe di Vera

Bringuez (Lago e Passo): Bringuiez

Brusson: Brussone

Challand-Saint-Anselme: Cialland Sant'Anselmo

Challand-Saint-Victor: Cialland San Vittorio

Chamois: Camosio

Champoluc: Ciampoluc

Châtillon: Castiglion Dora

Chemonal: Ciamonal

Cleve di Moulaz: Cleve di Mola

Colle di Joux: Passo di Giove

Colle del Breithorn o Breithornpass: Passo delle Cime Larghe di Vera

Colle Chasten: Passo di Ciasten

Colle di Chiva: Passo Fenese

Colle di Felik: Passo di Felich

Colle di Dondeuil: Passo Dondeil

Colle Portola: La Portola

Colle Rothorn: Passo della Testa Rossa

Corno del Lago: Monte Nero

Croix Courma: Croce di Corma

Croce di Becquet: Monte Bocchet

Denti d'Aran: Sigari di Bobba, da Giovanni Bobba, autore della prima salita nel 1905

Donnas: Donnà

Fiery: Fieri

Frachey: Frassei

Gaby: Gabi

Gornergletscher: Ghiacciaio di Vespia

Graines: Graine

Grand Dent: Gran Dente

Grand Tournalin e Petit Tournalin: Grande e Piccolo Tornalino

Grande Ghiacciaio di Verra: Ghiacciaio di Vera

Gressoney: Gressonei La Trinità e Gressonei San Giovanni

Lillianes: Lilliane

Machaby: Maciabi

Mont de Saint Gilles: Monte San Gillio

Monte Chaleau: Monte Castello

Monte Ciosé: Monte Tiose

Monte Crabun: Monte Grabun

Monte dell'Aquila: Becca dell'Aquila

Monte Taille: Monte Taglie

Monte Zerbion: Monte Zerbione

Plateau Rosa: Piano Rosà o Piano delle Cime Larghe di Vera

Pont-Saint-Martin: Ponte San Martino

Punta Champlon o Champlong: Punta Campi Lunghi

Punta di Soleron: Monte Salerone

Punta Ruines: Punta Reques

Punta Valfredda: Punta Lavassei

Quinçod: Quinsod

Resy e Palon di Resy: Resi, Palon di Resi

Roccia Nera: Ghiacciaio di Roccianera

Rothorn: Testa Rossa

Saint Jacques: San Giacomo

Salomon: Salamon

Tête de Cou: Testa di Cu

Texelhorn: Piccola Teslé

Verrès: Castel Verrès

Weiss Weib: Dama Bianca

Zermatt: Praborno

La maggior parte dei toponimi proposti da Dino Vecchio e dal GUF, oltre a non aver attecchito nella cultura e nella dizione locale, si presentano come mera ed esasperata italianizzazione (a volte, francamente, ridicola) dei preesistenti vocaboli. Altri, come Voghel, Issime o Cheneil, vennero inspiegabilmente lasciati inalterati. Tuttavia, la disamina di altri volumi, quali Histoire populaire, eligieuse et civile de la Vallée d'Aoste, la première et la plus antique terre du Royaume d'Italie, segnala la presenza di una mentalità filo-fascista ben radicata in alcuni Autori, riconducibili in modo relativamente preciso a strati ben evidenziati della società valdostana.

8. Il vasto repertorio fotografico dell'opera No sen de ceutta benda. Aspetti della resistenza in Valle d'Aosta, edita nel 1979 ad Aosta da Elio Riccarand, riporta un interessante trafiletto, a pagina III delle tavole fotografiche fuori testo. Il trafiletto è senza data, in bianco e nero, e mostra il volto del Prelato, citando: S. E. Monsignor Francesco Imberti. Vescovo di Aosta, è stato recentemente ricevuto dal DUCE. L'illustre Prelato ha presentato al Capo del Governo Fascista i sensi di omaggio e di devozione del Clero valdostano il quale è orgoglioso di poter servire con tutta sincerità nella piena concordia che oggi regna in Provincia, Dio e la Patria fascista. La didascalia dell'opera cita in merito: Sopra: l'appoggio del Clero al fascismo è stato spesso determinante.

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