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Arcesaz

 

Piacevole e poco conosciuto centro abitato della media Val d'Ayas, Arcesaz, Artsésa o Archésaz custodisce svariati esemplari di antiche e pregevoli abitazioni, veri tesori di architettura rurale di montagna; tra di esse, secondo lo storico Ugo Torra, (...) emerge la mole terminale della casa dei Grosjacques, i cui proprietari conservano il soprannome di "Vigilant" perchè dicono che i loro antenati fossero preposti alla custodia del castello di Graines. La prima citazione del paese risale alla Carte du Théâtre de la Guerre del Bacler d'Albe, edita nel 1799: il toponimo era mutato in Arsena. Arcesaz cela un antico mistero: l'ipotetica presenza di un piccolo bacino, ormai colmato. Le antiche abitazioni sono difatti rimaste, non così il lago suggestivamente descritto dall’abate Louis Bonin, che scrisse (...) au gracieux plateau d'Artsésa, occupé anciennement par un lac. Nel 1896, Giovanni Bobba e Luigi Vaccarone descrissero il paese di Arceza - frazione di Brusson. Quivi la strada passa sulla sponda sinistra del torrente con un ponte ad un solo arco di 12 m. di corda. Staccasi sulla destra la mulattiera che conduce al castello di Graines, anticamente posseduto dalla famiglia dei Challant, signori della valle. Gli autori segnalarono la presenza in Arcesaz dell'Hotel de la Croix Blanche. Nel 1899, l'abbé Amé Gorret e Giovanni Varale descrissero Arcesaz nell'opera Guida illustrata della Valle di Challant o d'Ayas. Arceza, a km. 12.2 da Verrès, frazione del comune di Brusson, è divisa in mezzo dall'Evançon, sulla cui riva sinistra passa la strada carrozzabile. Subito dopo il ponte, staccasi a destra la mulattiera che conduce al castello di Graines e borgata omonima.

Il villaggio si trova oggi nel Comune di Brusson, a meridione del capoluogo ed a 1146 metri di quota, lungo la statale proveniente da Verrès; per chi sale, la parte storica del centro abitato si trova sul lato sinistro della strada, mentre la sponda opposta dell'Evançon ne ospita la cappella. Sempre lungo la statale, appena prima di una curva, sorge il noto hotel, ristorante e bar La Croce Bianca; un rilievo GPS del parcheggio ha segnalato la posizione N45 44.322 E007 44.786, mentre il recapito telefonico dello storico locale è 0125 300348. E' bene segnalare che questo storico locale, così come l'abitato di Arcesaz, è stato recentemente citato nell'ottimo "Partigia. Una storia della Resistenza" di Sergio Luzzatto.

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La zona è dominata ad occidente dai poderosi contrafforti rocciosi della Testa Comagna, mentre a settentrione si nota la Punta Guà e, ad oriente, il donjon del millenario castello di Graines sorge ai piedi dei boscosi pendii delle Cleve di Moulaz. La descrisse Ugo Torra nel 1963, tornando a sua volta sul mistero del lago di Arcesaz: (...) conca verde dominata da un lato da un'alta parete rocciosa, dall'altro dal castello di Graines, dietro e davanti bordata da rilievi boscosi. Il piano era anticamente un lago e lo si indovina anche nella disposizione delle case, allineate contro una montagnola che chiude a nord il passaggio, proprio come sul bordo di uno specchio di acqua. Scavando d'altronde affiora terreno alluvionale (forse pure il torrente un tempo passava qui?) e anche torba. Arcesaz vanta ampie distese prative circostanti il corpo principale del paese, sulla sinistra della statale: d'inverno esse diventano tre note piste di fondo, estese per 7.5 km, con difficoltà varianti dal facile al medio-facile e medio-alta. Il nucleo più antico del villaggio è arroccato ai piedi di un rilievo roccioso (1207 metri) ricoperto dal Bois de Chamorin; due principali vie attraversano le antiche abitazioni, tra cui spicca una grande casa a quattro piani, datata 1891. Le stradine sono via Bréan e Rue Jeantin; svariate fontane si offrono al viandante. 

Il lato destro della statale ospita invece un moderno parco giochi con annesso campetto da calcio. Alle spalle della Croce Bianca un ponte ligneo permette di valicare l'Evançon, raggiungendo altri pascoli su cui si stanno costruendo seconde case; lungo il ciglio dell'argine sorge ancora la piccola cappella, si cui Ugo Torra segnalò una finestra a goccia, già all'epoca seminascosta dalla calce, ipotizzandone un'origine cinquecentesca sulla base di dotazioni risalenti al Seicento. Secondo il Vuillermin, (...) la cappella di San Giacomo Maggiore, tal quale la si vede ora, è stata notevolmente ingrandita nel 1848. L'antica non occupava che lo spazio dell'attuale coro. La famiglia Marquiand aveva donato a questo scopo la pezza di terra che ne forma il resto, ove le nervature tracciate sono in bianco. Nel 1987, Monsignor Edoardo Brunod confermò i rilievi del Torra, segnalando la presenza di tre statue: una Madonna risalente al secolo XIX e, ai suoi lati, San Giacomo Maggiore e Sant'Eligio, risalenti al XV secolo, in legno intagliato, dipinto e parzialmente dorato.

L'abate Louis Bonin, nel 1928, descrisse in questo modo il villaggio: C'est le premier grand village que l'on trouve en montant de Challand à Brusson; lat. arctus, qui veut dire resserré, étroit. En effet autrefois le chemin passait à l'W du village actuel, entre celui-ci et la montagne, c'est à dire sur une bande de terrain enfoncé et resserré entre Comagne et le promontoire auquel sont adossées les maisons. De là, la route filait droit au Plan de Serva. Il villaggio ipoteticamente derivante dal vocabolo latino arctus (stretto) aveva paradossalmente una certa importanza, effettivamente, se nel 1901 ospitava secondo Augusta Vittoria Cerutti 222 anime, scese a 124 nel 1951, 113 nel 1971 e 105 nel 1991. (...) En déviant ainsi brusquement elle formait comme un arc coupé par le milieu (lat. arcus coesus). Il dotto sacerdote commentò infine, riferendosi all'antico percorso: On montre encore des ruines d'habitations qui devaient être échelonnées sur les bords de cette route primitive.

Indice dell'antichità del paese è il ricordo di un appezzamento di terreno di proprietà dell'Ospizio di Châtillon, che secondo lo storico Vuillermin sarebbe stato concesso da Bosone II di Challant nel 1165; Ugo Torra confermò questa voce, ricordando un atto ufficiale risalente al 3 gennaio del 1409 mediante il quale il canonico di Châtillon infeudò la proprietà ad un certo André Dearsesa.

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