Il Santuario di Oropa e le valli alpine. Secoli di storia ai piedi della Vergine Nera C’est le dire commun dans la vallée d’Aoste: on ne se rend jamais en vainen
procession au sanctuaire d’Oropa
Curato di Perloz, Oropa,
1858 A monte della città piemontese di Biella, lungo le sue belle vallate prealpine, la pietà e la devozione popolare hanno edificato, nel corso dei secoli, più edifici sacri: i più famosi sono il Santuario di San Giovanni Battista di Andorno, risalente al 1602, il Santuario di Graglia al Colle della Divina Bontà (anno 1659) e, soprattutto, il noto Santuario della Madonna di Oropa. Posto a 1156 metri di quota nel cuore della conca omonima, questo santuario è custodito da belle cime prealpine, quali la Cima Cucco (1287), il Monte Becco (1739), la Cima Tressone (1727), il Monte Tovo (2230), il Camino (2388), il Rosso (2374), il Monte Mucrone (2335). Oropa è facilmente raggiungibile su comoda strada asfaltata da Biella, a circa 12 km. di distanza, superando i centri di Cossila San Grato, Cossila San Giovanni e del Favaro. Le origini di questo santuario mariano, oggi nota meta turistica, sono particolarmente remote, confondendosi quasi con la leggenda. La tradizione vorrebbe la consacrazione di questo luogo nel quarto secolo dopo Cristo, per volontà del cagliaritano Sant’Eusebio, già vescovo della città di Vercelli ed evangelizzatore del Piemonte, nonché del territorio biellese. Proprio questo santo, secondo la tradizione, avrebbe portato da Gerusalemme in Europa, e precisamente a Crea nel Monferrato, ad Oropa ed a Cagliari, tre statue della Madonna Nera, intorno all’anno 345. Sul significato della particolare colorazione di tali emblemi religiosi – mutazione dei pigmenti, simbolo di dolore e lutto, legami con antiche divinità pagane, simbologia orientale o, più semplicemente, costruzione della statua in terra africana – si è molto dibattuto, dando voce a svariate, affascinanti ipotesi storiche e scientifiche. Si rende noto che, tra il 20 ed il 22 maggio 2010, si è tenuto ad Oropa ed a Crea un convegno intitolato "Nigra sum. Culti, santuari e immagini delle Madonne Nere d'Europa", volto ad approfondire la tematica delle Vergini Nere ed a creare una banca dati europea di queste statue, pari a circa 700 unità. La presentazione del Convegno ha avuto luogo presso il Vescovado di Casale Monferrato; si è auspicato infine che Oropa possa divenire sede di un Centro di Documentazione sullo studio delle Madonne Nere. Oropa si poneva anticamente come punto di sosta e di preghiera sull’impervia via verso la Valle d’Aosta, lungo percorso che, a differenza di oggi, portava i pellegrini ed i mercanti a superare forre oscure, foreste altamente insicure, passi infidi, in una natura rotta solo da villaggi isolati e dal rombo del Torrente Oropa. Alcuni documenti risalenti al XIII secolo sembrano attestare la preesistenza, in loco, di piccoli edifici religiosi consacrati a Maria ed a San Bartolomeo. Al visitatore che, oggi, risalga il Sacro Monte in un giorno di relativa assenza tustica, o di mattina presto, questa zona si presenta, naturalmente, ben differente. Il luogo è stato dichiarato nel 2003 Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO; l’ambiente vallivo, come naturale, è ben più urbanizzato, mentre alle antiche ed impervie mulattiere è stata da decenni sostituita una efficiente strada asfaltata, per anni coadiuvata da un trenino a cremagliera. La vecchia e modesta Basilica Antica, risalente al Seicento ed addossata ad un grande affioramento religioso – probabile luogo sacro per culti precedenti l’era cristiana - è attualmente circondata da locali e negozi, porticati, eleganti piazzali a terrazza ed edifici, quasi posta in disparte dalle dimensioni della soprastante Basilica Nuova, che risale al periodo compreso tra il 1885 ed il 1960. Vi è perfino un osservatorio meteorologico e sismologico, creato nel 1874 da parte di Padre Francesco Denza (1834-1894); famosi architetti hanno modellato la struttura del santuario, come Guarino Guarini, Filippo Juvarra, Pietro Beltramo. I potenti signori sabaudi patrocinarono i restauri e gli abbellimenti del santuario, richiamandovi i nomi più importanti dell’arte e dell’architettura loro contemporanea. La piccola e raccolta Basilica Antica si trova al posto della precedente chiesa di Santa Maria e ne custodisce ancora il cuore, il sacello, risalente al nono secolo. Questo, a sua volta, cela la statua della Madonna di Oropa, centro del culto e della devozione di intere generazioni valdostane e piemontesi, nel corso dei secoli. Si tratta, naturalmente, di una Madonna Nera, come quella di Einsiedeln, di Loreto, di Tenerife o di Chestochowa. Questa statua gotica risale a prima del 1350 e ad essa sono legate, per tradizione, la devozione e la gratitudine delle genti biellesi, salvate dalle epidemie pestilenziali del Seicento grazie alla sacra effigie della Madonna Nera. La sua immagine ed il culto devozionale si diffusero rapidamente, unendo la piana biellese alle vallate retrostanti, fin nel cuore della Valle d’Aosta. I collegamenti storici e
religiosi tra le valli aostane ed il Santuario di Oropa Sant’Eusebio è stato il primo vescovo della
diocesi di Aosta, come avvenne per buona parte delle terre piemontesi:
ecco dunque una prima, profonda connessione tra la Valle ed il santuario
biellese, uniti dal medesimo fondatore. Ayas, in particolare, è
legata alla storia del santuario mariano da un artefatto molto antico.
Nel 1294 la chiesa di Santa Maria, ad Oropa, venne consacrata dal
vescovo di Vercelli Ajmone di Challant,
Dominus Ajmo de Challand Episcopus Vercellensis
quondam Canonicus Augustensis. Egli concesse a questo
edificio le decime del paese di Chiavazza, tuttora esistente lungo il
Torrente Cervo, a poca distanza da Biella. Secondo gli Acta Reginae
Montis Oropae, questo fu il testo ufficiale di tale consacrazione,
tradotto in italiano: Il Capitolo di S.
Eusebio di Vercelli consente a che il Vescovo di Vercelli Ajmone di
Challant doni alla chiesa di S. Maria di Oropa di recente da esso
consacrata per venerare alla Gloriosa Vergine e a conforto degli
abitanti la decima sul luogo e territorio di Chiavazza. Inoltre, nel XVI secolo e
precisamente negli anni 1595 – 1596 secondo gli Acta Reginae Montis
Oropae, uomini di Ayas presero parte al restauro ed
all’ampliamento del santuario, tra cui tale mastro Giovan da Aiaz e
suo figlio, Simone. Secondo Mario Aldrovandi (1966), invece, la statua sarebbe stata nascosta nel 350, durante le terribili persecuzioni dei cristiani, e venne quindi ritrovata da due giovani di Fontainemore presso la roccia di Sant'Eusebio, ad Oropa. Il territorio biellese è stato – insieme alla
zona eporediese – uno dei principali canali di comunicazione e
commercio con la Valle d’Aosta, in modo particolare con le sue valli
più orientali, quali la Valle del Lys e la Val d’Ayas. Tramite la
Valle dell’Elvo, ad esempio, transitavano i mercanti di sale e di
bestiame; il culto della Madonna Nera potrebbe essersi espanso in Valle
d’Aosta grazie a questi commerci, in particolare alla stagionale
presenza dei pastori “lombardi”, in realtà biellesi, novaresi o
valsesiani, che risalivano la fertile e soleggiata Ayas con i loro
armenti. Tale concetto di vicinanza e comunicazione tra la Valle
d’Aosta e Biella è espresso simbolicamente, nel modo forse più
impressivo, dalle belle incisioni al Colle della Vecchia: due ragazze
stilizzate che si abbracciano, recitando Guten
Tag e Buon giorno, ma
soprattutto, Figlia del Sarvo perché sotto i
tuoi passi si spianarono i dirupi?, al che la Figlia del Lys
risponde Per abbracciarti sorella, o Figlia del
Lys, sull’alpi della Vecchia un fiore educai, fatto adulto, questa via
ci aprì. In realtà, la via di Oropa venne percorsa da
innumerevoli viandanti provenienti da tutte le vallate della Regione
Autonoma, nel corso dei secoli. Nell’affascinante libro "Mémoire
de la Paroisse d'Ayas" (1899), rivisto da
Saverio Favre, il canonico Auguste Clos (1906) mostra le vie
tradizionalmente prescelte dai pellegrini valdostani per salire al
Santuario di Oropa: (…) En hiver on coupe la Serra à Settimo Vittone, on passe Nomaglio, Andrate, S. Donato, Netro, Graglia (autre sanctuaire de la Vierge), puis on continue sa marche par Sordevolo, Pollone, Favaro et enfin on aboutit au Sancuaire béni. (…) En été on opte
de préférence pour le passage de Fontainemore par le col de la Barma,
qui est assez battu. De Lilianes par le
col de Carisey les sentiers sont moins tenables pour ceux qui n’y
seraient pas habituées. In tale opera, sempre il canonico Clos elogia
l’accoglienza nei confronti dei provati pellegrini, ad Oropa: (…) L’hospitalité
cordiale et gratuite que l’on trouve au sanctuaire ne contribue pas
peu à l’affluence des pèlerins. Il y a chambres et draps del lit
frais pour tous.. Anche il vescovo di Aosta J. A. Duc, negli Acta
Reginae Montis Oropae, testimoniò in favore della affezione
valdostana per la Signora di Oropa: La dévotion des valdôtains
à Notre – Dame d’Oropa a de profondes racines dans le moyen âge,
les paroisses de la Valleise s’y rendaient déjà en procession. Il
est certain qu’en 1557 plusieurs paroisses y allèrent satisfaire leur
dévotion.. Sin dall’antichità, numerose parrocchie
organizzavano processioni alla Vergine Nera per chiedere particolari
grazie o soccorso, come nel caso di epidemie, siccità, alluvioni,
calamità naturali in generale. Dal colle della Barma provenivano
usualmente le processioni di Issime, Perloz e Lilianes, mentre è
antichissima la tradizione della processione ad Oropa da Fontainemore,
ancor oggi effettuata ogni lustro. Sempre Auguste Clos descrive
in modo quasi commovente l’arrivo dei pellegrini al santuario: Les étendards sont déployés, les autres insignes sacrès levés, et toute la pieuse phalange prosternée, la face tournée vers un point fixe dans le bas lontain. Oropa! Oropa! – Salve Regina!… C’est le sanctuaire vénéré qui se présente à distance au regard des fervents dévots de Marie. Oropa! Oropa! c’est comme Jérusalem! Jérusalem! pour les Croisés, et terre! terre! pour les braves de Christophe Colomb en découvrant le nouveau monde. Il ricordo delle grazie concesse dalla Vergine Nera ai fedeli valdostani, del resto, è sempre vivo. Il 25 giugno del 1857, il giorno successivo alla richiesta di pioggia – ad petendam pluviam - da parte dei pellegrini di Perloz, il periodo di siccità ebbe improvvisamente termine. Stessa cosa successe durante lo stesso anno a Lilianes, dopo una simile richiesta. Il 17 maggio del 1686, dopo sei mesi di totale siccità, ad una processione proveniente da Fontainemore – riferisce l’abate Tonnella – seguì finalmente la pioggia. Non mancano, nella ricca casistica registrata presso gli archivi del santuario, informazioni inerenti a miracolose ed inaspettate guarigioni. Prima del 1621 un uomo di Bard venne guarito dalla cecità, mentre nel giugno del 1616 tale Jean Bertodano, gravemente ferito alla gamba da un cavallo con un calcio, guarì invocando proprio la Vergine di Oropa. Nel 1755 il fiume Lys, sconvolto dalla piena, devastò la propria valle. L’anziano Giovan Battista Dandrès, recatosi in chiesa per supplicare la fine della catastrofe, venne intrappolato dall’acqua. Il suo primo pensiero fu di mettere in salvo i calici custoditi sopra l’altare, nel tabernacolo, invocando la Madonna d’Oropa per la propria salvezza: miracolosamente, proprio in quel momento, la piena giunse al suo apice e risparmiò il coraggioso fedele, ormai terrorizzato. Tra il 1666 ed il 1678 un boscaiolo di Ayas, tale M. Martin Favre, venne travolto da un larice dell’altezza di ben 23 metri, sepolto sotto il peso del tronco appena abbattuto. Il miracolo, invocato presso la Vergine di Oropa dallo sconvolto figlio della vittima, fu duplice: i pochi presenti riuscirono a sollevare il grande tronco, mentre Martin si riprese in poco tempo, intraprendendo ovviamente un doveroso pellegrinaggio per ringraziare la Madonna Nera. Il 29 novembre del 1664
un ayassino, tale Fausono Martin ovvero Martin Fosson, si ritrovò a
pregare la Vergine di Oropa in merito alla propria paralisi, dalla quale
fu guarito, come testimoniò tale Martin Rondi, ripreso a sua volta dal
canonico Clos. In Ayas, la Madonna di Oropa è tuttora
venerata, come dimostrano l’altare di Antagnod,
l’affresco della chiesetta di Magneaz, e ben nove affreschi sulle mura
delle abitazioni di St.Jacques,
Blanchard, Resy,
Pra Sec, Champlan, Antagnod,
Periasc, Magneaz.
Proprio la parrocchia di San Martino ad Antagnod, risalente
all’anno 585 ed all’epoca del vescovo Arnolfo I, ha rivelato una
sensazionale scoperta grazie all’impegno delle studiose Alina Piazza e
Rosella Obert. La sua antica Madonna d’Oropa era in realtà una
rarissima Vierge
Ouvrante, risalente al XIV secolo, unica superstite in Valle
d’Aosta della distruzione ordinata nel 1745. Si segnala anche una
statua presso la chiesa parrocchiale di Challand-
Saint- Anselme. Luigi Capra e Giuseppe
Saglio, nel loro interessante volume "Immagini
di devozione popolare nel territorio di Ayas. Pitture murali su
abitazioni, cappelle e oratori, dal XVI al XX secolo in un Comune della
Valle d'Aosta", affermano chiaramente: Ad Ayas il culto
dovette essere molto intenso perché, oltre alle numerose pitture murali
realizzate sulle facciate delle abitazioni civili, già nel XVII secolo
venne dedicato alla Madonna d’Oropa un altare nella Chiesa
parrocchiale di Antagnod. La datazione di tali
opere religiose è facilitata dai mutamenti iconografici comportati
dall’usanza di procedere a più incoronazioni, a partire dal 1620,
della statua. Tali cerimonie si tenevano a cadenza secolare. In Val d’Ayas, così come a Saint Marcel, Nus, La Thuile, Valtournenche, si registra il culto ad un’altra Vergine Nera, Notre Dame des Hermites, la cui effigie è posta ad Einsielden, abbazia elvetica risalente al decimo secolo. Gabriella e Gian Piero Morchio, nel loro volume "La Presenza Walser ad Ayas", notano la presenza di affreschi inerenti a questa immagine sacra a Champoluc, Palouettaz, Champlan, al Crest, oltre all’oratorio di Mascognaz. Questa edicola, in particolare, è stata costruita per ringraziare la Nera Signora di Einsielden per aver salvato due fratelli di Mascognaz, tali Jean Michel e Jean François Vuillermet, dall’accusa di omicidio e dall’incarcerazione presso Varallo Sesia, nel marzo del 1822. Il legame tra il Santuario e la Valle venne approfondito nel 1929 dal curato di Valpelline, il celebre storico Abbé Joseph-Marie Henry. (...) Mais arrivée à Verceil, la statue, prise de mire par les Ariens, ne fut pas jugée en sûreté. Saint Eusèbe vint alors la cacher à l'extremité de son diocèse, à Oropa, dans une barme naturelle, sous un gros rocher situé sur la rive gauche du torrent. Ce rocher porte encore aujourd'hui, gravée, la date de 369: Anno Domini CCCLXIX. En ce lieu, les habitants de Fontainemore, avec le concours des paroisses voisines, élevèrent une chapelle qui porta le nom de Cappella del Sasso. Il dotto sacerdote scrisse ancora: (...)
La dévotion à la Sainte Vierge contribua beaucoup à répandre et à
alimenter le Christianisme dans la Vallée d'Aoste: Oropa fut comme un
foyer d'où rayonna la connaissance et la pratique du Christianisme.
|