Professor G. Chiej – Gamacchio
“La Fabbricazione degli Scroi
o Sabots”
Estratto dagli Annali della Regia Accademia di Agricoltura di Torino, Volume LIX, adunanza del 16 aprile 1916. Edito da Vincenzo Bona, Tipografo della Real Casa, Torino 1916. Pagine 16, prezzo 31 Euro (da concordare). Formato 24.5 x 16 cm. 1 fotografia in b.\ n., 1 schema in b. \ n. Gli
abitanti di alcuni dei nostri paesi alpestri e parecchi contadini
delle regioni collinari e di pianura, specialmente quelli che devono
soggiornare a lungo al freddo sul terreno umido o attendere ai lavori
della stalla ed a quelli delle concimaie, sogliono portare una rozza
calzatura con pianta, tacco, tomaio e quartieri ottenuti dalla
lavorazione di un solo pezzo di legno. Questa
speciale calzatura ha il nome di scroi, scrocchi, e più
comunemente quella di sabots, ed
è apprezzata, oltrechè per il suo costo relativamente mite, anche
perchè negli ambienti umidi conserva i piedi asciutti, caldi e, nel
tempo stesso, in buone condizioni igieniche. Così inizia la brillante
dissertazione del professor Chiej-Gamacchio, edita nel 1916 e
dedicata alle calzature lignee provenienti da alcune vallate aostane.
Un testo che, letto a tanti decenni di distanza, è sorprendentemente
attuale, strettamente tecnico e scevro da qualsiasi abbellimento
retorico. In altre parole, un imperdibile saggio dedicato ai Sabots. Varasc.it, dopo lunga ricerca,
è riuscito a procurarsi una copia di questo raro testo, edito in
seguito all’incontro del 1916 dell’allora Regia Accademia di
Agricoltura sabauda. Sin dai primi paragrafi l’attenzione
dell’Autore verte su due centri abitati alpini, Champoluc e S.
Jacques d’Ajas, ove sono concentrati circa 200 operai dediti alla
fabbricazione sabotiera. Questo testo, probabilmente, si poneva come
primo colpo d’occhio realizzato con criterio d’analisi scientifica
su un tema antichissimo ed ancora ignoto, nonostante l’uso
quotidiano di queste calzature che, sin dall’Ottocento, erano molto
diffuse nei mercati piemontesi. Viene quindi descritta per filo e per
segno ogni fase, ogni dettaglio della fabbricazione del sabot, dalla
scelta dell’albero migliore – tra abete bianco, abete rosso,
larice, pino selvatico, faggio, betulla, pioppo bianco o gattice,
pioppo tremolo, salice bianco, ontano – alla cura degli strumenti.
Si analizzano accuratamente, in ottimo italiano, la scelta del tronco,
la sua suddivisione in sezioni cilindriche, la scelta del ceppo, del
banco da lavoro, passando quindi ad illustrare l’uso e le
caratteristiche peculiari della sega a mano, dei trivelli a sgorbia
ed a succhiello, degli scalpelli a foglia, del coltello
a toppo, del noto coltello a due manici, del coltello a
lama diritta, delle linee di legno, dei punteruoli,
dei martelli, dei piccoli chiodi. Affascinante e storicamente prezioso, il rapporto del professor Chiej-Gamacchio non manca di citare le macchine automatiche per la lavorazione dei sabots, installate in varie zone pedemontane e più volte vagamente citate in varie opere. Una di esse è quella di Natale Maffei, a Chivasso, della quale viene descritto il funzionamento a partire da un modello di calzatura in ghisa. Un’opera di gran pregio, da ricercare e collezionare, per comprendere i procedimenti di medio periodo di un’epoca recente della storia ayassina, e per meglio comprenderne l’inserimento nel più esteso contesto - sociale, commerciale ed economico, professionale e naturalmente migratorio - regionale ed interregionale. Ulteriori opere dell'Autore
sono: I cardi di Chieri, anch'essa
edita negli Annali della Reale Accademia di Agricoltura di Torino, nel
1908; Relazione
sull'opera svolta nel 1915 dal Comitato e dai sottocomitati zootecnici
della Provincia di Torino, edito dalla Tipografia
Anfossi nel 1916. |